venerdì 2 febbraio 2018

Meditando

Una voce interiore mi sussurra che l'importante è amare: amare nel servizio di chi è nel bisogno, amare i propri amici che sanno ricambiare il bene che loro vuoi, amare anche quelli che volontariamente o involontariamente ti fanno star male.
Cerco nella mia anima il coraggio di ricominciare ogni giorno, di lasciar perdere quando non riesco a farmi capire, di non prendermela quando vengo frainteso.
'Quello che fai tutti i giorni per gli altri rimane e nessuno lo può negare', mi sussurra un'altra vocina interiore.
Forse è vero. Forse è lì che devo trovare forza e speranza.
Devo guardare a quello che con fatica facciamo per gli altri qui a Chaaria, devo pensare alle persone che guariscono grazie alla nostra dedizione, devo convincermi che è più il bene che facciamo in ospedale che non le nostre sconfitte cliniche.
Poi devo pensare a tutte le persone che mi vogliono bene, e se scandaglio la mia anima vedo che sono davvero tante.
E' proprio vero che la natura umana è un po' strana: ci si focalizza su un punto nero e si dimentica un enorme foglio bianco che fa da sfondo a quella macchia scura. 
Un fallimento professionale o relazionale assorbe tutte le nostre energie interiori e ci fa dimenticare il bene enorme che c'è in noi ed attorno a noi. 
Sì, tanti mi vogliono bene e mi sostengono; tanti sono i pazienti che tornano a casa guariti; enormi sono i traguardi raggiunti in questi anni.
Guardo il cielo blu di Chaaria; ripenso al mare immenso di Mombasa che non vedo da più di 2 anni; mi immergo nella mia anima e penso che ho molte ragioni per essere felice e sperare.


Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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