martedì 20 marzo 2018

I cronici ed i terminali

Sono sempre un problema in tutti gli ospedali, perche' sono in reparto per tantissimo tempo, non migliorano e non si rassegnano a tale situazione; richiedono attenzioni che ti sembra di non poter completamente esaudire, sia perche' diventano via via piu' esigenti conoscendo l'ambiente sempre meglio, sia perche' tu stesso psicologicamente ti senti via via piu' svogliato e trovi la scusa che gli acuti ed i nuovi arrivi hanno piu' bisogno di loro.
Un cronico, come per esempio un paralizzato con ulcere da decubito, rischia di essere via via meno guardato e piu' trascurato anche a Chaaria.
La situazione e' ancor piu' delicata con il malato terminale: molti di loro si difendono con una feroce negazione freudiana, per cui non riescono ad accettare il fatto che stanno morendo e che non c'e' niente da fare al riguardo. 
Vogliono sempre nuove medicine, e si lamentano se quelle che hai loro dato non li hanno fatti star meglio.
A nulla vale ripetere loro la verita', perche' essi continueranno a costruire barriere di negazione sempre piu' elevate.
Inconsciamente pian piano ti trovi ad evitarli; non li vuoi piu' visitare perche' non sai cosa dire e tantomeno cosa fare per loro. Non lo vuoi ammettere neppure a te stesso, ma pian piano emargini proprio quelli che sono i piu' poveri ed abbandonati.


Gia'... l'abbandono!
E' questa un'altra terribile dimensione che accompagna la sorte dei cronici, degli inguaribili e dei terminali a Chaaria.
Appena riveli ai parenti una diagnosi infausta, senza possibilita' di cura o di miglioramento, essi spariscono completamente, e sovente scompaiono per sempre.
Ecco quindi che questi poveracci sono disperati a causa di una malattia mortale o inguaribile; inconsciamente sono un po' lasciati da parte da noi membri dello staff, e piu' tragicamente ancora, sono buttati nella pattumiera proprio dai loro cari.
Ecco quindi la triste realta' che cosi' sovente si verifica a Chaaria.
I terminali normalmente muoiono soli, senza famiglia e senza il conforto dell'affetto dei propri cari.
Con umilta' devo ammettere anche che piu' lungo e' il ricovero (qualcuno sta in ospedale per mesi prima che la morte se lo venga a prendere) e' piu' forte e' la nostra tentazione a tralasciarlo un po', ed a diminuire le attenzioni verso di lui.
Umanamente e' comprensibile perche' questi sono proprio i malati che ti mandano in "burn out", ma spiritualmente e' inaccettabile perche' essi sono i piu' gravi ed i piu' abbandonati... quindi sono i piu' poveri.
I cronici e gli inguaribili naturalmente sono per noi anche un enorme peso economico, in quanto e' ovvio che quelle famiglie che li hanno abbandonati nella "discarica" del nostro ospedale, poi certamente non verranno a pagare il conto, ne' tantomeno si presenteranno a reclamare il corpo.
Ecco quindi l'estremo atto di abbandono: queste povere creature, distrutte dal cancro, da una paralisi, da una frattura alla colonna vertebrale o dall'AIDS, oltre che essere abbandonate durante gli ultimi mesi della loro vita terrena, vengono anche sepolti in una fossa comune dell'ospedale senza neppure un congiunto a dire una preghiera.
Spesso me lo chiedo: ma dove sono i loro figli? E' questa tutta la riconoscenza che riescono ad esprimere per un genitore che li ha allevati e fatti studiare?
Eppure e' una situazione cosi' frequente da essere ormai un copione!
Gli inguaribili sono i piu' poveri tra i poveri di Chaaria: poveri di salute, poveri di affetto, spesso poveri di soldi, certamente poveri perche' derelitti e lasciati soli nel tempo piu' tremendo della loro vita.
Dobbiamo quindi rinnovarci, riprendere coraggio e stare loro vicini almeno noi che siamo ormai la loro unica famiglia. Dobbiamo parlare con loro, ascoltare le loro lamentazioni, tentare anche qualche placebo, prendersi cura delle loro piaghe e della loro igiene.
Che Cottolengo sarebbe Chaaria se noi non dessimo tutte le attenzioni possibili proprio e chi e' piu' povero ed abbandonato?
Ammetto che personalmente faccio molta fatica con la medicina palliativa: trovo piu' facile avere in mano un bisturi, che stare ad ascoltare un morente per cui non so cosa fare; ma so che mi devo impegnare di piu' in tale aspetto, che ritengo centrale nella nostra spiritualita'.

Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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