venerdì 13 aprile 2018

Piove un po' troppo

Piove veramente fortissimo. Fa un rumore assordante sui tetti di lamiera, quasi come se fosse un mare in burrasca. Sarà per quello che ieri notte ho sognato che stavo per affogare nel Po, non lontano dal ponte del mio paesello. Ora sono quasi le due del mattino, ma con questo chiasso faccio fatica a prendere sonno.
Abbiamo pregato tanto per le piogge, soprattutto pensando a quelle parti del Kenya dove ormai non c’è più da mangiare a causa del fallimento delle due precedenti stagioni... ed ora le precipitazioni sono arrivate.
Tonnellate d’acqua, come una cascata dal cielo da almeno tre notti consecutive. 
Qui inizia a piovere in modo quasi incomprensibile: quando vai a letto contempli un cielo mozzafiato, trapuntato da miliardi di stelle lucenti. 
Magari ti perdi ad osservare una luna piena così luminosa da fare ombra. E poi improvvisamente non qualche goccia, ma milioni e milioni di secchi d’acqua da nuvole che sono apparse dal nulla ed hanno imbronciato il cielo in un baleno. 




A volte, mentre ancora sei immerso nella contemplazione della stella del Sud che gioca con la mezzaluna, e ti fa pensare a qualche bandiera islamica, avverti un suono d’ acqua scrosciante sulle foglie di qualche bananeto lontano. 
Questo è il momento di metterti a correre, perchè in un attimo quel rumore diventa sempre più vicino, finché ti trovi nel mezzo di un nubifragio. Spesso di giorno stai guidando e la strada è asciutta. 
Poi davanti a te, in lontananza vedi un muro nero soverchiato da nuvoloni cupi e minacciosi. Ad un certo punto riesci a scorgere precisamente dove il temporale inizia con una netta linea di demarcazione tra il terreno asciutto e quello inzuppato. 
E quindi entri nella pioggia di colpo, come se per magia avessi oltrepassato un muro di vetro... e quando sei tra le braccia dell’uragano, solo Dio sa quello che ti succederà.


Fr. Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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