martedì 22 maggio 2018

“Prima di andare via, mi lasci una parola?”

“Prima di andare via, mi lasci una parola?” 

Cosi mi ha chiesto Mwende qualche tempo fa sapendo che presto sarei partito.  Ci ho pensato per giorni. 
Che parola posso lasciarle come regalo? Una parola che racchiuda il senso di tutto ciò che ho vissuto, ciò che lascio in eredità ma che mi porto io stesso via come tesoro. 
Oggi finalmente ho preso un pezzo di carta e ho scritto la parola. 
Poi ho piegato il foglio più volte e l'ho consegnato a Mwende. 
Contemplazione. 
Questa è la parola che ho nel cuore. 
Contemplazione e' sapere fermarsi, rientrare in se stessi per mettersi in ascolto di se e dell'anima delle cose. 
E' aver occhi attenti e cuore accogliente. 
Si può parlare di preghiera, di meditazione o semplicemente spazio di silenzio: in ogni caso è quel tempo vitale e fondamentale per rientrare in contatto con la nostra verità più profonda, con quella fonte di forza e luce che rimette a fuoco il paesaggio che ci corre davanti, dar il giusto peso valore e sapore alle cose che se si stanno vivendo. 
Dalla contemplazione nasce la gratitudine, la capacità di stupirsi, di leggere tra le righe della vita, di vedere e accogliere la bellezza che ci circonda, anche quella più nascosta. 


Dalla contemplazione nascon anche le risposte agli interrogativi del quotidiano, le intuizioni per affrontar le sfide del presente.
Alberto Moravia diceva che la Contemplazione è la diga che fa risalire l'acqua nel bacino. 
Essa permette all'uomo di ritrovare una vera fonte di energia di cui l'azione li ha privati. 
Dove attingere la voglia di resistere davanti all'assurdità e tristezza di certe storie in reparto? 
Dove nutrire la forza per non scappare via davanti all'impotenza e frustrazione di non aver mezzi per curare un bambino o vederlo morire senza sapere perchè? 
Dove trovare la pazienza e delicatezza di accostarsi al mistero di certi pazienti e prendersi cura di loro con tutto l'amore necessario? 
Dove ritrovare le frequenze giuste per stare sintonizzati al momento presente e dar il massimo senza farsi assalire dalle ombre del futuro, di prognosi infauste, di storie senza speranza di guarigione? 
Questo “Dove” ho cercato e cerco di trovarlo in questo spazio santo e vitale della contemplazione. 
Mwende prende il foglio e lo apre con curiosità 
“Contempl-Azione” legge perplessa... “Ma queste sono due parole, non vale!” 
“No Mwende, è solo per ricordarti che son due cose profondamente legate. 
La contemplazione senza azione è vuota, l' azione senza contemplazione si indebolisce e si inaridisce".

Paolo Zanolla



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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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