lunedì 23 luglio 2018

Ciò che mi da speranza per ricominciare domattina

Oggi come al solito i pazienti sono stati tanti, e penso che abbiamo anche cercato di fare del  nostro meglio per tutti.
Abbiamo operato dalle 8.30 di stamattina alle 8 di stasera, e siamo esausti. Certo, anche solo pensando agli interventi fatti, ci sembra di non essere stati inutili, anche se abbiamo dovuto posticipare 3 operazioni a causa di gravi emergenze che hanno alterato la lista ed allungato i tempi.
In questi giorni i pazienti in attesa di intervento sono davvero tanti ed a volte non riusciamo ad operarli entro le prime 24 ore dal ricovero, pur avendo sala anche il sabato e la domenica.
Ecco quindi che molti si lamentano, fanno pressione, urlano anche, perche’ sono da giorni in attesa di una operazione che non viene.
Come e’ difficile a volte far capire alla gente che stai gia’ dando tutto e che piu’ di cosi’ non e’ possibile.
Ogni essere umano e’ un’isola, e si crede il “centro del mondo”: e’ rarissimo trovare qualcuno che rifletta sul fatto che i propri problemi non sono gli unici e non sono necessariamente i piu’ gravi.
Il fatto che ci siano state emergenze in sala, che io abbia lavorato da stamattina presto, che abbia operato 13 persone, non viene mai preso in considerazione da chi si sente cosi’ tanto importante da alzare la voce e lamentarsi.
Non contano i molti casi eseguiti con successo...contano invece quelli che hai posticipato!
Piu’ dai, e meno hai l’impressione di far contenti i pazienti: stranamente sembra che le pretese dei singoli crescano in modo direttamente proporzionale al numero ed alla specializzazione dei servizi da noi offerti e portati avanti con perseveranza 24 ore al giorno.


Stranamente i malati sembravano molto piu’ soddisfatti, riconoscenti e davvero “pazienti” anni fa, quando offrivamo meno servizi e quando le nostre prestazioni non avevano un’intensita’ cosi’ alta come oggi.
Per non parlare del “grazie”: parola che sembra tabù per la maggioranza dei nostri utenti.
Ora e’ buio, ho appena suturato un uomo “affettato” da un machete, ed ho addosso una stanchezza mortale che mi porta a fare pure errori ortografici mentre vi scrivo.
Comunque Dio sa tutto: lui conosce le mie intenzioni, i miei sforzi, la mia dedizione a volte tanto costosa anche fisicamente... e questo e’ ciò mi dà la speranza necessaria per ricominciare di nuovo domattina con rinnovato impegno ed entusiasmo.

PS Nelle foto una “nana” congenita che a Chaaria ha ritrovato la capacita’ di camminare, dopo una malattia che l’aveva resa quasi paralizzata. Oggi l’abbiamo dimessa.

Fr Beppe




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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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