giovedì 2 agosto 2018

Povero non è sinonimo di Santo

Tabitha mi dice che vuole cambiare la terapia perche’ tutte le medicine che le ho dato non le hanno assolutamente arrecato alcun giovamento. 
Dice che l’ameba e’ sempre positiva e che ormai le devo prescrivere qualche nuovo farmaco, magari uno di quelli costosi... perche’, come tutti, anche lei pensa che una medicina piu’ e’ “cara” e piu’ funziona.
Io le dico che vorrei rivedere un esame parassitologico, e le chiedo se e’ in grado di produrmi un campione entro la fine della giornata, in modo che lo possa analizzare io stesso al microscopio.
Tabitha tentenna, e poi dice che e’ gia’ andata di corpo e quindi non sara’ in grado di darmi nulla fino all’indomani mattina. 
Per questo mi chiede di poter andare a casa con il contenitore e di tornare il giorno seguente con le feci raccolte a domicilio. 
Abita vicino e quindi penso che possa andare bene, perche’, se viene immediatamente in ospedale, il campione non sara’ ancora seccato.
Tabitha e’ una delle “cosiddette povere”; cioe’ fa parte di un gruppo che storicamente riceve aiuti alimentari e terapie gratuite dal Cottolengo. E’ poliomielitica, vedova, sola e senza lavoro. I suoi figli, a quanto pare, non possono aiutarla perche’ sono piu’ miseri di lei, e per di piu’ entrambi epilettici.


La rivedo il giorno dopo, e chiedo al laboratorista di preparare il campione per me. Il tecnico, che abita vicino a Tabitha, non ce la fa piu’ a stare zitto, e mi sussurra in un orecchio: “Lo sai che voi Bianchi siete normalmente solo delle mucche da mungere?”
Rimango attonito per un attimo, perche’ da lui non me lo aspettavo: “cosa intendi dire? Chi e’ che mi ha fregato questa volta?”
E lui continua parlando sottovoce: “Tu le dai le medicine gratis, non e’ vero? Non ti sei mai chiesto perche’ non produce mai i campioni di feci qui in ospedale? Sei troppo ingenuo: per altre cose non puo’ ingannarci... per esempio l’esame per la malaria lo facciamo prelevando il sangue direttamente dal dito. 
Per le feci e’ diverso: lei porta a casa i contenitori e comincia a cercare pazienti. Si fa pagare il test 10 scellini di meno di quanto non costi qui; le feci quindi non sono sue ma quelle del suo cliente. 
Lei poi viene l’indomani, ed l’esame e’ chiaramente positivo per l’ameba o per altro. Si fa prescrivere la medicina piu’ costosa possibile, in modo da poterci guadagnare bene, quando la rivendera’ a prezzo ridotto all’ acquirente di quel giorno. E’ un mercato che va avanti da moltissimo tempo”.
Mi sento paralizzato da quanto ho sentito. Che delusione provo nel cuore! Venire ingannato proprio da quelle persone che ho aiutato di piu’, a cui ho dato tutto... e per un sacco di anni. Il cuore umano e’ veramente un mistero. 
Non avrei mai pensato che Tabitha potesse farmi questo. Ci avrei messo la mano sul fuoco che lei era mia amica... e invece! Bisogna proprio attaccarsi al Signore, e comprendere che, alla fin della fiera, siamo tutti soli. 
Poi mi convinco sempre di piu’ che il distribuire gratuitamente non serve a nulla, perche’ deresponsabilizza e offre il fianco ad abusi del genere.
Non ho voglia di parlare con Tabitha. Incarico quindi uno degli infermieri di comunicarle che da oggi non usufruira’ piu’ di alcun servizio gratuito da parte dell’ospedale, ed aggiungo: “comunque diglielo che ho scoperto tutto il suo business poco pulito, e ne sono molto amareggiato”.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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