lunedì 27 agosto 2018

Triste benvenuto

Normalmente quando arrivano gli orfani non sono cosi' triste e devastato.
Sono anzi molto contento di esserci per aiutare famiglie che hanno bisogno di noi, nel grave momento della morte di uno o di entrambi i genitori.
Quasi sempre gli orfani ci arrivano da fuori, e quindi non viviamo il dramma della morte che avviene in altre strutture.
Il week end appena concluso ci ha pero' provato pesantemente, e la morte si e' fatta a noi vicina con tutto il suo carico di angoscia.
E' strano come spesso succeda che i problemi si susseguano sempre in modo incalzante, in una sorta di grappoli.
Cosa che non succedeva da tempo, infatti, durante il fine settimana abbiamo perso ben due mamme nel nostro reparto di maternita'.
Siamo ovviamente devastati e non riusciamo ancora a capacitarci dell'accaduto. Crediamo che in un caso possa essersi trattato di un ambolo amniotico, mentre nell'altro e' stata l'eclampsia a portarci via la mamma, nonostante i nostri sforzi.
Ed ora ci sentiamo svuotati, confusi e tristi.
Abbiamo parlato con i parenti e ci siamo sentiti in colpa davanti alle loro lacrime.


Accogliamo questi due orfanelli, uno a termine ed uno pretermine, con il cuore gonfio come non mai. Non avremmo voluto averli qui. Avremmo desiderato dimetterli insieme alle loro mamme!
Sappiamo che si e' trattato di eventi al di la' del nostro controllo, ma non possiamo fare a meno di sentirci malissimo.
Diamo quindi il benvenuto a queste fragili creature che purtroppo non conosceranno il calore del seno materno e non vedranno mai la faccia di colei che li ha portati in grembo e li ha dati alla luce.
Ci prenderemo cura di loro e cercheremo di sopperire almeno in parte alla perdita gravissima che la vita ha loro inferto subito dopo la nascita.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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