sabato 12 gennaio 2019

Gioie ortopediche - Up and about

Vedere un giovane paziente languire in un letto in preda a forti dolori ogni volta che gli sfiori l'arto fratturato; osservare le posizioni abnormi e grottesche che la frattura fa assumere alle sue gambe prima che tu possa mettergli una doccia gessata; sbirciare quando con fatica estrema si fa portare la padella nel letto per i suoi bisogni fisiologici, perche' non riesce ad alzarsi e ad andare in bagno.
Tutte queste sono esperienze davvero toccanti, soprattutto quando si pensa che si tratta di persone giovani e piene di vita, capaci di lavorare ed anche di fare sport...ora invece sono li', bloccate, paralizzate, in balia di tutti.
Una frattura di femore o di tibia puo' davvero essere la fine della vita, se non trovi il posto giusto per farti curare: puoi finire per mesi in trazione in un reparto di ospedale in cui non sarai mai operato finche' non porterai una cifra impossibile di denaro per il
chirurgo e per l'acquisto dei mezzi di sintesi. Spesso poi la trazione non portera' alla guarigione ma ad ulteriori complicazioni.
Puoi perdere il lavoro, interrompere la scuola, non presentarti ad un esame, perche' sei immobilizzato a letto per lunghissimi periodi.
Se sei colui che porta a casa il cibo con il lavoro, puoi anche vedere la tua famiglia soffrire la fame e magari anche sfasciarsi a causa della frattura e dell'invalidita' che ne consegue.
Altrettanto commovente e' comunque vedere questi stessi pazienti che gia' ambulano 24 ore dopo l'intervento chirurgico.


Non c'e' paragone tra le due scene, che a Chaaria distano nel tempo non piu' di una giornata: non piu' facce contorte dal dolore, non piu' arti in posizioni paradossali, non piu' gessi, non piu' malati allettati, non piu' volti depressi; al contrario persone sorridenti e senza dolore, in piedi e capaci di deambulare con le loro stampelle.
Non ti sembra vero che, se non avessero incontrato Chaaria sarebbero ancora in quel letto maleodorante, ancora incapaci di reggersi in piedi, ancora in preda al dolore.
Invece li vedi chiacchierare con i compagni di reparto e pronti ad
essere dimessi in terza-quarta giornata post-operatoria.
Non ci stupiamo quindi che tutti i giorni i nostri corridoi siano pieni di barelle che ci portano altri fratturati che velocemente vanno a riempire nuovamente i letti di coloro che sono stati da poco dimessi.
Non ci meravigliamo neppure del fatto che si debba operare sette giorni alla settimane se si vuol far fronte alla marea umana che a noi chiede di poter camminare ancora.
Non nascondo che e' una sensazione esilarante quando in prima giornata post-operatoria, posso scrivere in cartella: "patient up and about" (paziente alzato e deambulante)...questo da solo ripaga tutte le fatiche e rinnova le nostre energie.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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