venerdì 11 gennaio 2019

Due prostate alla settimana

La richiesta di prostatectomie e’ altissima.
Nei due altri ospedali non governativi dove l’intervento viene eseguito nel Meru, i pezzi sono davvero inavvicinabili.
Il che vuol dire che molti vecchietti sono condannati al catetere vescicale o sovrapubico a vita.
Ecco perche’ e’ importante impegnarsi con tale intervento, che tecnicamente e’ abbastanza facile e ci occupa si’ e no 45 minuti insala, ma che ha un post-operatorio molto impegnativo  per il nostro personale infermieristico.
Il difficile post-operatorio e’ la ragione per cui cerco di fare al massimo due interventi del genere alla settimana a distanza di quattro giorni l’uno dall’altro: in pratica facciamo il prossimo intervento il giorno in cui chiudiamo il lavaggio continuo al precedente, in modo da averne solo uno da seguire.
Il lavaggio continuo si blocca; si formano coaguli... certo per alcuni giorni si rimane con il fiato sospeso. Poi in genere ci rilassa un po’, pur nella consapevolezza che una nuova emorragia e’ possibile alla rimozione del catetere a motivo della caduta dell’escara.


Poi sono pazienti anziani che possono sviluppare un sacco di problematiche. Molti vanno fuori di testa per alcuni giorni dopo la spinale... anche se questo normalmente recede spontaneamente e completamente.
Altri poi sono anche ipertesi o diabetici. Non si tratta quindi di una scelta facile: dal giorno del ricovero a quello della dimissione un prostatectomizzato puo’ dare problemi.
Lunedi’ faremo la prossima prostatectomia, ed il ciclo continua.

Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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