vi mando le foto della nostra nuova “nursery” o “nido”, che finalmente siamo riusciti ad aprire per gli orfani di Sr Oliva e delle incubatrici per i pretermine. Per il passato gli orfanelli erano mescolati agli ammalati nel camerone n° 26, e questo ci ha sempre portato a grossi problemi di coscienza a causa della possibile trasmissione di infezioni a questi bambini, che in realtà sono sani anche se per motivi sociali condannati a vivere in ospedale. Anche la situazione dei nati pretermine non era delle migliori, considerando che le incubatrici erano nel corridoio del dispensario. Ora questa nuova stanzetta spero possa servire al fine preposto in maniera molto migliore, di quanto non abbiamo fatto per il passato.
mercoledì 26 marzo 2008
Abbiamo finalmente un "nido"
vi mando le foto della nostra nuova “nursery” o “nido”, che finalmente siamo riusciti ad aprire per gli orfani di Sr Oliva e delle incubatrici per i pretermine. Per il passato gli orfanelli erano mescolati agli ammalati nel camerone n° 26, e questo ci ha sempre portato a grossi problemi di coscienza a causa della possibile trasmissione di infezioni a questi bambini, che in realtà sono sani anche se per motivi sociali condannati a vivere in ospedale. Anche la situazione dei nati pretermine non era delle migliori, considerando che le incubatrici erano nel corridoio del dispensario. Ora questa nuova stanzetta spero possa servire al fine preposto in maniera molto migliore, di quanto non abbiamo fatto per il passato.
Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.
Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.
Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.
Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.
Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.
E poi, andare dove?
Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.
Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.
Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.
Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.
Questo è quello che facciamo, ogni giorno.
Fratel Beppe Gaido
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