lunedì 7 aprile 2008

La Croce non manca mai


Il Cottolengo diceva che bisogna temere quando tutte le cose vanno bene, e che bisogna essere felici tutte le volte in cui ci sono contrarietà e problemi. Il Cottolengo stesso fu più di una volta minacciato ed anche incriminato. Anche San Vincenzo diceva che le opere di Dio, sempre sono segnate dalla sofferenza. Ecco, mi sembra di poter dire che a Chaaria siamo sulla buona strada, perché la croce sempre viene a visitarci e a far sentire il suo sapore amaro alle nostre labbra.

Ancora una volta la croce si è presentata sotto le forme di accuse che mi sembrano ingiuste. Sono stato accusato di aver causato la morte di una donna che era stata ricoverata a Chaaria per complicazioni in fase di travaglio. La donna lascia 4 figli ed un padre vedovo. Ho promesso al padre di tenere il bambino per alcuni mesi, finché egli si sarà ripreso e risistemato emotivamente e familiarmente. Non intendo lamentarmi di queste accuse, perché so che fare il medico comporta anche questo, ed in Italia sarebbe sicuramente peggio... però ad amici posso confidare che mi sento un nodo alla gola, perché davvero io cerco di fare tutto quello che posso per difendere e promuovere la vita, mi alzo di notte e corro qua e là tutto il giorno per aiutare pazienti spesso in condizioni disperate. È chiaro che la Medicina non è come la matematica, ed i conti spesso non tornano, specialmente quando si è da soli a prendere le decisioni cliniche, e non si possiedono tutti gli strumenti diagnostici e terapeutici, che invece sarebbero necessari per ridurre al massimo la possibilità di errore professionale. Spero che la cosa finisca in nulla e che io possa continuare ad aiutare questa gente bisognosa senza incorrere in problemi di tipo legale... Anzi credo proprio che non ci sarà nessun seguito a questo pasticcio... Certo è che a volte ho un po’ di paura quando mi trovo davanti a casi complessi, che magari non posso riferire a nessun altro ospedale perché, per esempio, la strada è impraticabile. Devo decidere se aiutare e correre qualche rischio, o se proteggermi le spalle, e rischiare che la persona non riceva l'aiuto di cui ha bisogno. Generalmente il mio cuore mi dice che è meglio sbagliare provando ad aiutare, piuttosto che lasciar morire una persona perché si ha paura di sbagliare l'approccio terapeutico. In questi giorni sono un po’ giù, perché mi sento a volte incompreso e preso di mira: è solo di un anno fa un altro caso finito in nulla in cui una famiglia mi aveva accusato di aver ucciso un bambino trasfondendogli sangue di gruppo non compatibile. Io ero sicuro di me stesso. Ero stato io personalmente a fare i gruppi sanguigni e le prove crociate, perché era di notte; avevo iniziato la trasfusione come misura disperata, ed il bambino era morto poco dopo, non per la mia trasfusione, ma per le condizioni disperate dovute alla malaria e all'anemia estrema (aveva meno di 4 g di emoglobina). Però la mamma era più interessata alla sequenza temporale: prima respirava ancora, poi è stata iniziata la trasfusione, e da ultimo il bambino è morto... per cui la causa doveva essere il sangue infuso dal dottore. Anche allora sono stati giorni di angoscia in cui dicevo a me stesso: a cosa serve alzarsi di notte e "sbattersi" finché non ne puoi più, se poi la ricompensa è questa? La risposta viene solo dalla fede: io credo che devo servire i malati ed i poveri per amore di Gesù e non per la ricompensa umana, per il successo e per la gratitudine. Anche Cristo venne ripagato con la croce, dopo aver cercato di aiutare tutti ed aver guarito un sacco di gente. Anche a Gesù, quando guarì l'uomo dalla mano inaridita nella sinagoga in giorno di sabato, venne ricordato che aveva fatto un errore, e che non si poteva guarire un sofferente in un giorno di riposo comandato dalla Legge.

Credo che il Signore proteggerà sia me, sia la mia professione, sia l'ospedale di Chaaria, perché tutto quello che facciamo lo facciamo con cuore puro e con l'unico intento di aiutare gli altri.

Comunque pensateci in buona salute fisica e spirituale, motivati a scegliere sempre chi ha più bisogno e non ha altri a cui rivolgersi. Pregate per me ed io farò lo stesso.


PS: GIUSTIZIA POPOLARE

Politicamente ancora nulla di fatto: non abbiamo un governo perche’ alcuni importanti ministeri sono oggetto di contesa tra i due schieramenti politici.

Non lontano da Chaaria, in un villaggio chiamato Kanyakine, la gente ha deciso che era tempo di agire senza piu’ attendere nulla dalla polizia. Da tempo i piccoli negozietti erano oggetto di violenze, taglieggiamenti e furti da parte di bande di gangsters che colpivano in gruppo. Oggi, durante l’ennesima rapina, la folla ha reagito, e, nel solito modo macabro che e’ commune dalle nostre parti, hanno picchiato i malviventi con pietre fino a tramortirli. Poi li hanno legati tutti insieme con una corda, li hanno cosparsi di kerosene, e li hanno bruciati ancora vivi.

A Naivasha invece oggi e’ stato annunciato un altro focolaio di colera con almeno 5 morti secondo le autorita’ sanitarie.

A Chaaria il solito pienone del lunedi’ con operazioni fino a tarda notte… scusate la forma, ma il mio elettroencefalogramma e’ quasi piatto Ciao. Fr Beppe

Fr. Beppe Gaido


1 commento:

Anonimo ha detto...

Non so a chi arriverà questa mail. E' notte e sono stanco. faccio anch'io il medico, per lo più in Italia e talvolta in tanzania, ma in situazioni meno disperate di baba Beppe. Resto comunque ferito quando lui ci racconta queste vicende di incomprensione a quando raccontava, giorni fa, di essere stato furiosamente insultato da gente che aveva dovito sopportare un'attesa un po' troppo lunga mentre lui cercava di rianimare un neonato. Baba Beppe, come fai a sopportare oltre alla fatica ed alla stanchezza simili umiliazioni? Personalmente credo che non ci riuscirei e scapperei. Come possiamo, come posso esprimerti tutta la mia ammirazione, il mio affetto e la mia solidarietà? Mungu akibariki, baba, anche se non ti conosco e probabilemtne mai ci incontreremo, sappi che mi stai insegnando molto.
Ninakutakia heri.
Ugodoc


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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