domenica 11 maggio 2008

Festa della Mamma


Caro Beppe,

non c’è giorno che passa in cui non penso al mondo di Chaaria.
Spesso guardo l’ora e immagino che cosa starai facendo in questa rossa terra che mi ha permesso di conoscerti.
Ricordo con immensa gratitudine l’esperienza che ho vissuto, grazie al tuo consenso, verso il lavoro ospedaliero, ma la ricordo anche con profonda tristezza perché mi rendo sempre più conto (e non ci credevo) che la realtà “chaariana” mi manca e mi manca veramente tanto.
Credevo di tornare in Italia e ri-immergermi in questa realtà che per tre mesi ho abbandonato; invece il rientro è stato ed è tutt’ora molto duro da accettare. Non per la realtà occidentale, ma perché Chaaria è stata un’esperienza “purtroppo” positiva che mi ha dato la possibilità di capire qual è la mia vera strada da seguire, mi ha illuminato sul cammino della mia futura vita e tutto questo senza che io lo cercassi. E’ giunto così, improvvisamente al mio rientro, giorno dopo giorno.
Ho capito che ho una profonda passione verso l’ambito disabile (il mio “lavoro” qui in Italia) e sono queste persone che cerco di aiutare migliorando la loro qualità di vita, cercando di integrarle nella società e di dar loro la possibilità di praticare attività fisica come mezzo di autofiducia fisica e psichica.
Ma poi c’è l’Africa...c’è Chaaria che non mi lascia dormire.
Sono giunta alla consapevolezza che la mia strada risiede proprio nel prendersi cura del prossimo e questo lo faccio con il cuore.
È vero, molte persone affermano giustamente che non si deve andare in Africa per aiutare chi soffre perchè sono molte le vite che vivono questa sofferenza e hanno bisogno d’aiuto anche qui in Italia, ma quello che Chaaria mi ha aiutato a “vedere” all’interno del mio DNA è che la mia Anima, il mio Cammino o chiamiamola Vocazione è rivolta a coloro che hanno bisogno di aiuto, ma soprattutto a coloro che si trovano a essere i poveri tra i più poveri, come affermava Madre Teresa.
Dentro me sento questo battito d’Amore sempre più intenso verso i più poveri, e mi porta a un’indifferenza verso questo mondo tecnologico, fatto di comfort inutili, di agi, di ricchezze, di eccessi, di sprechi, di falsità; e dentro me non nego che “AMO” (tanto da sentirmi a mio agio) la realtà in cui regna la povertà: una povertà (come ho conosciuto a Chaaria) fatta però di intenso Amore, di Rispetto, di Compassione, di Umiltà e di Umanità verso l’Altro.
Non so bene ancora che cosa sarà della mia vita. Quello che sento è quest’immenso “calore” verso coloro che nella povertà soffrono e verso coloro che non hanno più la possibilità camminare da soli, ma solo per mezzo di una carrozzina.
Chaaria è un’esperienza che mai scorderò, un’esperienza che posso definire immensa e profonda, per quello che vivi e ti lascia dentro.
Mai dimenticherò le notti kenyane quando accendevo, prima di coricarmi, quella piccola candela che tenevo sul tavolino in camera mia e ne osservavo la fiamma: quella fiammella che mi infondeva calore.
Quel calore che noi tutti abbiamo dentro, ma che spesso non utilizziamo per scaldare chi soffre.
Mi sembrava di leggere, nelle ombre che la fioca luce della fiamma proiettava sul muro, quelle parole di Shakespeare che così scrisse: “Come arrivano lontani i raggi di una piccola candela, così splende una buona azione in un mondo malvagio”. È proprio così a Chaaria.
Una buona azione, un gesto fatto con Amore, un pensiero che viene dal cuore... recano sollievo a questi infiniti sguardi persi e spenti nel vuoto.
Spesso, tra me e me, mi chiedo se quel poco che ho fatto è servito a qualcuno, perché sembra che siano più loro (donne, uomini, bambini, gente del posto, infermieri, medici, cleaner) a insegnarti che cos’è la vita... piuttosto che tu a esser loro d’Aiuto.
I pensieri non ti abbandonano, nemmeno quando torni nel tuo paese e così penso, penso al “mal d’Africa”: questa parola che ho sempre sentito dire da tutti coloro che in Africa ci sono stati.
Per me, il mal d’Africa non sono i tramonti o i paesaggi che la caratterizzano, la bellezza del Kenya turistico. Il mio mal d’Africa è questo mondo malvagio in cui l’Africa vive.
È vedere morire esseri umani di ogni età, senza alcuna pietà, quando in Italia potresti salvare le loro vite.
È vedere nascere bambini già morti.
È vedere piangere e soffrire le loro mamme non solo a causa delle contrazioni dolorose e persistenti per giorni e notti intere, ma perchè sanno che questi dolori non recano felicità futura, in quanto il loro bambino è già morto, è già in cielo.
È vedere persone che arrivano esauste all’ospedale, dopo giorni e giorni di cammino, e giunti infine alla meta, sono impossibilitati a varcarne la soglia perché muoiono prima che possano essere visitati.
È vedere arrivare donne che portano sulla schiena il loro figlio malato di malaria, ma purtroppo già morto durante il lungo cammino senza che loro se ne accorgessero: hanno camminato per ore e ore con il figlio senza più vita, che ancora abbraccia sua mamma.
Questo è il mal d’Africa, un male che ti fa soffrire ma al tempo stesso ti fa pensare, ti fa crescere umanamente, ti insegna l’umiltà, ti insegna ad apprezzare le piccole cose della vita, tutte quelle cose che possediamo ma cui non diamo valore: la famiglia, le amicizie, l’amore, l’aria che respiriamo, il cibo che mangiamo, un tetto che ci ripara...
Ti insegna ad amare il prossimo e te stesso.
Ti insegna ad avere un cuore e a usarlo per se stessi e per tutti coloro che hanno bisogno di una mano a cui tenersi stretti. Quel cuore fatto di Amore, Umiltà, Gioia, Compassione, Mitezza e Umanità.
Questo è quello che ti insegna il mal d’Africa nel mondo di Chaaria. Non è stato un viaggio turistico.
Chaaria è un’occasione che ti porta nel cuore della cultura, della vita e della realtà di numerose persone africane; è anche una forte esperienza missionaria, un’intensa esperienza di vita che ti apre a vasti orizzonti e ti educa alla Mondialità, alla Fraternità, alla Solidarietà, al Rispetto, all’Amore verso te stesso, verso l’altro e tanto... tanto altro ancora...
Il tempo a Chaaria è inarrestabile, nel vero senso della parola, ma al tempo stesso sembra arrestarsi... Un controsenso, ma è così!
Tre mesi in Italia possono sembrare eterni, ma qui a Chaaria ti sfuggono in un attimo e ti sembra di non aver fatto nulla, quando un giorno solo ti insegna quello che una vita intera non potrà mai insegnarti al di là di questa terra rossa... questo è quello che questa esperienza mi ha trasmesso.
Scrivo queste righe, pensando a quando ero ancora seduta su quel sedile dell’aereo e guardavo l’Africa dall’alto, con lo sguardo che si perdeva oltre quel piccolo oblò che separava l’aereo dal mondo africano.
13 ore di volo, 3 mesi di volontariato missionario umano... 3 mesi dove offri il tuo aiuto senza nulla chiedere in cambio.
Ma ora, dopo soli dieci giorni dal mio arrivo in Italia, sento dentro di me che la vita dell’Africa, del Kenya, di Chaaria mi ha dato molto in cambio.
Mi ha insegnato a vivere il presente, a cogliere l’attimo, a non pensare al domanni perchè non sai se ci sarà un domani.
Mi ha insegnato che cos’è l’Umiltà, il piegarsi di fronte alla sofferenza ben sapendo che a volte nulla potrai fare per coloro che muoiono.
Mi ha insegnato il valore della dignità verso il prossimo e il suo rispetto. Mi ha insegnato ad accettare.
Accettare le condizioni, accettare che oggi mangi e forse domani no... accettare di vivere nella miseria, nella povertà assoluta. Ma accettare anche di vivere nel comfort, indipendentemente dalla realtà in cui ti trovi a vivere.
Accettare di far tutto ciò che ti è possibile per l’altro e accettare di vederlo morire. Accettare che tutto quello che hai fatto, l’hai fatto con il cuore... ma quello era il suo destino.
Accettare di vedere bambini morire per carenza di cibo, denutriti, o perchè non hanno soldi per potersi permettere farmaci... che potrebbero salvare le loro piccole innocenti vite.
Accettare la sofferenza altrui sapendo che poco puoi fare, anche se in Italia salveresti loro la vita. La realtà è questa...
Accettare di medicare con mosche che si posano sulle ferite, di medicare ferite che sai che difficilmente guariranno.
Accettare, accettare, accettare... solo se si accetta, allora si è liberi.
E infine Chaaria, mi ha insegnato che contano le piccole cose, fatte con immenso Amore. Non è quello che facciamo, ma quanto Amore ci mettiamo nel farlo. Non importa quanto diamo, ma quanto Amore mettiamo nel Dare.
Mi ha insegnato che è possibile offrire a ognuno un minimo di dignità umana. Non è facile arrivare a tutti, ma è importante estendere a molti un segno di Pace, di Amore, un sorriso, la gioia dell’affetto sincero...
Grazie Africa.
Grazie Kenya.

Sara

FESTA DELLA MAMMA A CHAARIA
Stavo dormendo saporitamente e stavo sognando di guidare un fuoristrada pieno di amici, in un posto bellissimo, tipo foresta tropicale. Eravamo tutti contentissimi e chiacchieravamo... poi ad un certo punto sentiamo un clacson insistente: mi giro ma non ci sono auto che ci seguono. Il clacson continua a suonare, finchè apro gli occhi e mi rendo conto da dove viene quel suono: è il cercapersone e Kathure mi dice di scendere in fretta per un cesareo urgente... A fatica guardo l’ora: sono le 3.45 del mattino... Che botta!! E pensare che avevo programmato di dormire un po’ di più visto che è domenica. Sveglio Albert. Prendo la spugna per andare a Chaaria a prendere Gatwiri, ma la strada è bloccata: il ruscello ha fatto crollare il ponticello: devo andare a piedi e devo guadare il torrente. Tutte queste peripezie ci fanno perdere un sacco di tempo: il cesareo va benissimo e la neo-mamma è raggiante, ma noi siamo stremati. Tra una disavventura e l’altra è già l’alba, e quasi non ha senso tornare a letto.
Poi oggi è stata nuovamente senza tregua: altri due cesarei e tanti parti. Un modo bellissimo per festeggiare la festa della mamma. Tra l’altro oggi, anche con la nostra collaborazione, Peninah, la nostra cassiera, ha partorito senza difficoltà, ed ora è mamma di tre bimbe. Poi abbiamo cesarizzato anche Kanyua, mia assistente di sala: a lei Dio ha donato un maschione di 4 chili, e noi siamo orgogliosi di aver fatto qualcosa per lei.
Ora i miei occhi si chiudono per il sonno. Ciao. Beppe.
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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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