L’odontoiatria è nata a Chaaria con il dott. Dino Cimma, anestesista dell’ospedale Cottolengo di Torino e odontoiatra nel ’92, e questo concretizzava una idea di alcuni anni prima elaborata tra i fratelli del Cottolengo (in particolare fr. Lodovico e fr. Matteo, superiore in quegli anni) che avevano fondato la missione di Chaaria, filiazione della prima missione storica di Tuuru. Con una poltrona anni 50, le pinze per estrazioni e poco più si è impiantato uno studio in quello che allora, era un semplice dispensario gestito da Fratel Lodovico in cui si faceva prevenzione e cura della malaria, parassitosi intestinali, tbc, piccola traumatologia ecc. In pratica si è aggiunta una attività ambulatoriale in un contesto di attività ambulatoriali. Con mia moglie io sono arrivato nel ’94 e il servizio odontoiatrico in quegli anni era esclusivamente estivo, limitato al mese di agosto, gestito a turno da noi tre. Piano piano si sono aggregati altri odontoiatri, con le assistenti abbiamo fatto gruppo, si è portato del materiale nuovo in maniera da allargare le prestazioni e poter fare oltre alla estrattiva anche della conservativa ed endodonzia.
L’anno della svolta è stato il ’98. Fratel Beppe era già arrivato e si era ormai ambientato. La gente che aspettava tutta la notte al cancello della missione richiedendo prestazioni sanitarie non poteva lasciare indifferenti. Bisognava dare una risposta e una mano. C’era bisogno di letti, di stanze, di un ecografo, di un qualcosa che si potesse chiamare sala operatoria. La dentistica in un quadro così, passa in secondo piano. Io ritengo importante che l’odontoiatria in quel contesto, abbia saputo bloccare quello che avrebbe potuto essere un suo naturale sviluppo, per far posto allo sviluppo dell’ospedale che in un particolare momento storico, con l’arrivo di fratel Beppe e con l’affluire di un numero sempre maggiore di pazienti, si è giudicato prioritario. E così odontoiatri e assistenti dentali si sono inventati qualcosa per sviluppare e sostenere l’ospedale. Incontri per far conoscere Chaaria a medici e infermieri, iniziative per raccogliere fondi, ricerca di finanziamenti, ricerca di materiali e strumentazione sanitarie usate o a basso costo, containers per spedire il tutto. Tutte queste cose sono state fatte con grande fatica, in maniera approssimativa, con risultati a volte deludenti, con frustrazione, con difficoltà: in questi anni l’Associazione non c’era. Io dico sempre che si apprezza l’acqua quando non ce l’hai. Adesso che l’Associazione c’è, godiamocela e teniamocela stretta perché tentare di fare qualcosa senza Associazione è stata veramente dura! Pensate che in quegli anni ero riuscito ad ottenere un finanziamento di quindici milioni dalla Fondazione CRT. Il Cottolengo, per voce del superiore di allora fr. Ernesto, ci dice che non poteva acquisirlo. Noi volontari non eravamo nessuno giuridicamente, né tanto meno potevamo rilasciare fattura. Ebbene si è dovuto fare un gioco di sponda con il Movimento Sviluppo e Pace, una Onlus che si occupa del recupero e della rigenerazione di strumentazione sanitaria dismessa dalle varie ASL locali, che ha acquisito i quindici milioni e li ha poi girati sul conto di Meru. Con parte di quella cifra abbiamo acquistato una autoclave nuova che è stata inviata a mezzo container insieme a letti di recupero, comodini, carrozzelle, scialitiche, letti operatori e materiale per sala operatoria, incubatrici e altro, materiale tutto che ci è stato donato da Sviluppo e Pace. L’autoclave peraltro non è mai arrivata! Si è persa probabilmente a Vicenza, dove era stato allestito il container. I containers poi a loro volta sono stati bloccati molto tempo in dogana e le spese per sdoganarli sono state, mi risulta, sproporzionate. Il trasporto nel tratto di strada tra Meru e Chaaria ha poi fatto il resto, su quelle buche i containers sono diventati dei frullatori e parte del materiale è stato distrutto. Morale: probabilmente il gioco non è valso la candela! Tutto questo per dirvi che le difficoltà in Africa sono già grandi di per sé, se poi ci aggiungiamo quelle di non avere una identità giuridica e possibilità di manovra in campo economico e burocratico, è finita prima di cominciare! Non è che non si sia pensato all’associazionismo in quegli anni. Più volte la cosa era venuta fuori, si era elaborato anche uno statuto nel 2002, ci sono state diverse proposte, ma per difficoltà varie si è arrivati fino al 2004 perché l’Associazione si concretizzasse.
Così, pezzo dopo pezzo, stanza dopo stanza, strumentazione dopo strumentazione, l’ospedale è lentamente cresciuto. E questa è la sua caratteristica! Non è la classica cattedrale nel deserto di cui l’Africa è ricca. Strutture bellissime che nessuno utilizza, che non servono a niente. Come dice Fratel Beppe, questo ospedale è nato e cresciuto sui bisogni della gente!
Torniamo all’odontoiatria. In quel momento, dopo il ’98 ci siamo resi conto che coltivare il nostro orticello, vale a dire continuare a promuovere l’odontoiatria proponendo cose nuove avrebbe significato inevitabilmente togliere energie allo sviluppo dell’ospedale. Così si è continuato a lavorare con quello che c’era con poche modifiche, portandoci in valigia quanto ci serviva e quanto si poteva trasportare. Viene da chiedersi, io me lo sono chiesto anche di recente: in un contesto come quello di Chaaria in cui il confine tra la vita e la morte è sempre sottile, in cui quello che fai per promuovere la vita è sempre maledettamente insufficiente, l’odontoiatria ha ancora un senso? Tutti voi avete vissuto a Chaaria situazioni drammatiche: dal bambino che muore dopo un coma malarico, alla puerpera che sanguina, alla ragazza orrendamente piagata per AIDS terminale, al bambino che nasce con un onfalocele come quello che state vedendo e via dicendo. Di fronte a queste situazioni la cura di un dente è sicuramente relativa. Sono stato a Chaaria in Agosto con questo interrogativo dentro. Ho visto, ho chiesto, ho parlato e la risposta è stata sì. Per due ragioni. La prima, è che ho avuto la netta sensazione che siamo apprezzati dai fratelli e dalla gente. E anche bello poter lavorare insieme, scambiarsi pareri, collaborare per le diagnosi e le terapie di determinati pazienti con patologie che non sai bene dire se sono di pertinenza odontoiatrica, otorino, internistica o neurologica. Per esempio a me non è mai capitato di vedere così tante masse del distretto cranio facciale di dubbia origine e collaborare in questi casi è proprio bello! E questo comunque è ancora il meno. La seconda più importante ragione è molto pratica. Di fatto la gente approda all’ospedale con il mal di denti, mandarli via non si può e non si vuole. Il tempo che i fratelli dedicano all’estrattiva impedisce loro di dedicarsi alla sala operatoria alle visite alla diagnostica al riposo e a tutto il resto che pure è necessario. Se avete presente come sono le giornate di Beppe e Maurizio capite come semplicemente questo sia importante. Vi racconto un aneddoto. Di ritorno da Chaaria nel ’94, con mia moglie e Maurizio siamo passati per l’ospedale di Nkubu che allora, se ricordo bene, era ancora retto dalle suore della Consolata. All’interno dell’ospedale vi era uno studio dentistico che mi ha meravigliato. Un riunito Mini-cam nuovo, azzurro, piastrelle per terra, luce, pulizia. Noi si tornava da condizioni di lavoro veramente difficili (era la prima volta e si doveva ancora prendere le misure della cosa). Pensate che avevamo tre o quattro bicchieri d’acciaio che lavavamo tra un paziente e l’altro, monouso inesistente, salviette paziente in cotone che dopo un po’ le potevi strizzare, mia moglie che faceva estrazioni sulla poltrona a pedale e per lampada lo spot rubato alla Madonna della cappella da fr. Lorenzo e via dicendo. A Nkubu un altro mondo ma… pochi pazienti. Vi sono ritornato dopo undici anni. Il Mini-cam azzurro era inchiodato, inservibile perché non più riparabile. Un’altra poltrona, le stesse piastrelle, la stessa pulizia, gli stessi … pochi pazienti. L’odontoiatra di turno, un ferrarese, ci ha detto tre o quattro al giorno. A Chaaria mediamente tra i venti e i trenta spesso superando questa cifra e facendo più prestazioni, anche di conservativa (che richiede maggior tempo) agli stessi.
Il presente e il futuro. Migliorare senza stravolgere alcunché. E’ necessario a mio avviso apportare alcune modifiche all’organizzazione del lavoro e alla strumentazione, utilizzando però quello che già c’è. L’associazione ha di recente accolto alcune mie proposte per migliorare il flusso del lavoro e soprattutto la sterilizzazione. Il controllo delle infezioni crociate è fondamentale! Tale controllo in odontoiatria (e questo vale anche per i nostri studi) è più difficile che in sala operatoria per il frequente turn-over dei pazienti e perchè si devono usare materiali che si riutilizzano e non si possono sterilizzare. Si è quindi dotato lo studio di Chaaria di una autoclave che prima non esisteva, ma rimangono alcune cose da fare. E’ stato acquistato del materiale per integrare quello esistente, è stato acquistato un gruppo di strumentazione rotante che è la parte del riunito che si deteriora di più. Tale unità ha il vantaggio, montata su un carrello a ruote, di poter servire sia il riunito vero e proprio, sia la poltrona per le estrazioni all’occorrenza e soprattutto di poter essere messo in valigia e riportato in Italia per la manutenzione e le riparazioni. Sul fronte degli interventi strutturali ho pregato fratel Lorenzo di dotare lo studio di un lavandino più grande, con piano di appoggio per poter allestire le vasche per il lavaggio preliminare dei ferri e la loro disinfezione. L’attuale è molto piccolo e vi vengono attualmente ammassati i ferri sporchi, considerato che ci si dovrebbe pure poter lavare le mani… e, sempre per Fratel Lorenzo, di provvedere, se possibile a mettere del linoleum per terra in modo da chiudere i buchi ormai creatisi nel cemento, in modo da poter allontanare le zolle di terra che durante il giorno si accumulano e lavare molto più agevolmente. E’ chiaro che questa è una linea se vogliamo “minimalista” sotto il profilo dell’immagine, poco fascinosa, sarebbe sicuramente più bello poter pensare di allestire uno studio nuovo, in locali nuovi dotati di piastrelle, con un riunito nuovo, ma bisogna pensare che tutte queste cose, inevitabilmente sottrarrebbero energie da dedicare all’ospedale e quindi in tal senso io difendo questa linea sostanziale, che bada al sodo, alle cose importanti.
Questa linea però potrebbe essere la responsabile, almeno in parte, di un problema che attualmente il servizio odontoiatrico di Chaaria ha e cioè lo scarso numero di odontoiatri che vi si recano. Proprio pochi giorni fa ho letto l’ultimo numero di “Fronte Stomatologico” che è l’organo dell’Andi nazionale e ho notato il fiorire di un numero nutrito di nuove Onlus operanti nel settore del volontariato odontoiatrico. Queste hanno il grosso vantaggio, rispetto alla nostra realtà, che le risorse che raccolgono le dedicano esclusivamente all’odontoiatria e così riescono ad allestire studi in diverse parti del mondo, studi che, per gli operatori, hanno una immagine sicuramente più accattivante. Io non so se la carenza degli odontoiatri a Chaaria sia dovuta solo a questo problema, certo è che il problema esiste ed esiste ancor di più ora che è fallito il tentativo portato avanti da mia figlia in sintonia con Fr. Beppe e il prof. Carossa di creare una sorta di “convenzione” con la Facoltà di Odontoiatria che permettesse agli studenti di svolgere parte del proprio tirocinio a Chaaria. Il consiglio di Facoltà non ha ratificato la cosa perché si sarebbe creata, a loro dire, una discriminazione tra gli studenti che possono permettersi di recarsi a Chaaria e gli altri…??? Non rimane quindi che affidarci ancora una volta ad uno strumento che finora ha funzionato e che rimane sempre il migliore e cioè il passa parola, il “contagio”. Bisogna forse cercare di essere un po’ più “virulenti”.
Ritorno per un attimo al discorso di prima e chiudo. Lo studio dentistico deve crescere, non in bellezza ma in sostanza, il blocco operatorio deve crescere ancor di più, e tutto deve essere correlato alla realtà del luogo. Dobbiamo promuovere l’efficienza, perché l’efficienza è ormai un tassello irrinunciabile della nostra professione nel mondo, in qualunque parte del mondo. Non possiamo dire a uno: “Ti sei preso l’epatite perché non ho i mezzi per sterilizzare a dovere! Piuttosto ti tieni il mal di denti visto che di mal di denti non si muore!” Ma al tempo stesso, non dobbiamo fare dell’efficienza il nostro fine ultimo. La gente d’Africa non ci chiede efficienza, non è nel suo genoma, nella sua cultura, è un parametro nostro. La gente di Chaaria ci chiede disponibilità, impegno, rispetto della sua dignità, magari un sorriso. In Africa ho imparato una cosa: il “lasciare fare”, il “let it be” cantato dai Beatles più di trent’anni fa. Non è il fatalismo di cui spesso proprio gli africani sono vittime. E’ invece la coscienza e la serenità che dopo aver fatto tutto ciò che posso, c’è Qualcuno che completa e migliora il mio lavoro, anche se occorre tempo, pazienza, anche se questo Qualcuno non è spesso solerte come io vorrei!
Non so se ho risposto alle aspettative del mio committente ma, pur avendo tralasciato molte cose, mi fermerei qui. Grazie per l’attenzione.
1 commento:
Rispondo... a me stesso. Strana coincidenza! Da circa due settimane il Dott. Farnese mi ha invitato a riprendere insieme in mano la questione dell'odontoiatria di Chaaria e oggi apro il blog e mi trovo questa relazione che ho scritto almeno due anni fa! Chissà chi l'ha riciclata? L'ho riletta perchè non me la ricordavo e in ogni caso non ho assolutamente cambiato idea circa il fatto che si sia fatto bene, a suo tempo, a privilegiare l'ospedale e il suo sviluppo. Ma ora mi sembra giunto il momento di fare qualche "investimento" nello studio dentistico di Chaaria per migliorarne il servizio. Ma il problema si ripresenta! Se acquistiamo materiale per lo studio dentistico sottraiamo energie e fondi alla sala operatoria di cui l'ospedale ha estremamente bisogno. E allora perchè gli odontoiatri vecchi e nuovi, di Torino o di altre città (ho saputo che ci sono odontoiatri di Roma, Napoli, Terni che sono già stati a Chaaria) non provano a gestire da soli i propri bisogni, autotassandosi e sviluppando iniziative volte all'acquisto della strumentazione che ci serve? Non occorre una grossa cifra. Avrei un progetto di minima. Potremmo parlarne.
Enrico Postini
Posta un commento