venerdì 17 ottobre 2008

Doreen finalmente può riposare nella terra


Oggi, con mia sorpresa e costernazione ho visto Doreen ancora nella cella frigorifera. Ci sono rimasto di pietra. Ho chiesto alle segretarie dell’ufficio se sapevano come mai fosse ancora lì, non sepolta, dopo 49 giorni dal decesso. Mi hanno risposto che dalla sua famiglia non è mai venuto nessuno, neanche a reclamare il cadavere. Loro non hanno mai proceduto alla sepoltura di ufficio perchè non avevano la firma dei genitori. Hanno cercato di contattarli in tutti i modi possibili, ma nessuno si è mai presentato in ospedale. Mi si è stretto il cuore e mi è venuto in mente il salmo che dice: “Può una madre dimenticarsi del prodotto delle sue viscere? Anche se una madre si dimenticasse, Io non ti dimenticherò mai, vermiciattolo di Israele”.
Con il cuore in gola e con le lacrime agli occhi ho pens ato che, se anche i genitori, per ragioni a me incomprensibili, si sono dimenticati di Doreen, Dio invece non l’ha abbandonata e l’ha accolta in Paradiso.
Ho quindi preso una decisione immediata, e da ora le spoglie terrestri del nostro angioletto riposano nella terra vicino a Fr Giovanni Bosco.

Ciao Beppe

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Il 9 Agosto 2008 Doreen ci scriveva:
...Lo so che non sono tanto bella, ma che cosa ci posso fare? La mia faccia ha cominciato a gonfiare quattro anni fa. Avevo circa 5 anni, e mi accorgevo che non ero come gli altri bambini: loro correvano dietro alla palla senza problemi. Si arrampicavano sugli alberi a cercare mango o nidi di uccelli. Io invece, se ci provavo, mi sentivo malissimo: avevo il cuore che batteva come una locomotiva e mi sembrava che stessi soffocando.
Io non mi accorgevo di essere gonfia, ma le mie compagne mi prendevano in giro e mi dicevano che sembravo una “luna piena”. Anche i miei piedi erano grassi come dei salsicciotti ed io non capivo bene perche’... infatti non avevo mai appetito. Ricordo che un giorno la mia nonna mi ha regalato un paio di sandali: erano rossi e bellissimi, ma dopo un mese soltanto, non riuscivo piu’ a calzarli perche’ i mei piedini erano ingrassati di colpo.
Mamma si e’ preoccupata subito perche’ vedeva che a volte diventavo blu dopo una breve salita: casa nostra purtroppo e’ sulla cima di una collinetta e la scuola e’ molto piu’ in basso. Io andavo all’asilo, ma per tornare a casa ci impiegavo molte ore, in quanto dovevo fermarmi di tanto in tanto a riprendere fiato.
Allora ha preso la decisione di portarmi dal dottore: siamo andati al dispensario del nostro villaggio, dove abbiamo trovato uno con il camice bianco. Si faceva chiamare DAGITARI, e solo ora mi rendo conto che era un infermiere, e non un medico: mi ha guardata senza neppure mettermi un fonendoscopio sulla schiena o sul cuore, ed ha sentenziato che avevo una polmonite. Quindi mi ha dato antibiotici, ma io non miglioravo per niente. Anzi, ero diventata come un pallone e respiravo sempre peggio: era come se avessi fame di aria... inspiravo ma non ero mai soddisfatta. Allora il mio curante ha cambiato idea: doveva essere un problema di reni, e mi ha dato delle pastiglie che mi facevano fare tantissima pipi’, con il risultato che non riuscivo piu’ neanche a dormire la notte.
Sono andata avanti e indietro da quel dispensario per anni. Mi bucavano tutte le volte per prendermi sangue ed ero sempre positiva per qualcosa: a pensarci bene mi sembra che fosse un business: una volta avevo la malaria, la volta dopo l’ameba ed un altro giorno il tifo. Fatto sta che mio papa’ diceva che non avrebbe piu’ potuto comprare tutte quelle medicine che alla fin dei conti non mi servivano a guarire.
Dopo tanto... troppo tempo siamo infine approdati a Chaaria dove mi hanno sottoposta ad esami molto piu’ strani: uno mi ha fatto veramente paura, perche’ mi hanno messo dei cavi elettrici sul torace, sulle gambe e sulle braccia. Avevo tanta fifa che mi dessero la scossa. Invece non ho sentito dolore.
Mi hanno detto che si chiama ECG. Poi mi hanno spalmata di gel sul torace e mi hanno messo una specie di pila sulla pelle. Me la facevano passare su e giu’. Vicino a me c’era una grossa macchina che sembrava un televisore. Io guardavo con attenzione lo schermo, ma non ci capivo niente. Ho sentito che il dottore parlava di cuore molto ingrandito, con le valvole troppo piccole, e con una difficolta’ importante del muscolo cardiaco a fare il suo lavoro di pompa. Il medico diceva che il mio cuore era scompensato. Chissa’ cosa vuol dire! Poi ha confidato ad una infermiera di pella chiara che guardava il televisore insieme a lui: “che scarogna per questa bambina essere nata qui... se fosse in Italia, sarebbe gia’ stata operata, e davanti a lei si aprirebbero le normali prospettive a cui tutti aspiriamo: diventare adulti, studiare, farci una famiglia, morire vecchi e coccolati dai nostri nipotini. Lei invece che prospettive di vita avra’? riuscira’ a raggiungere la maggiore eta’?”.
La mia fortuna e’ che sono una bambina e quindi non ho capito bene quello che intendevano. Probabilmente, se lo avessi capito, mi sarebbe venuta la tentazione di spararmi un colpo in testa... pero’ una cosa mi frulla sempre nella mente: perche’ ci sono bambini piu’ fortunati di altri? Qual’e’ la differenza tra il mal di cuore di un bambino italiano e quello di un bimbo africano? Perche’ basta essere nati nella parte sbagliata del mondo per non avere il diritto di diventare adulti? Mi dicono che e’ una questione di soldi... che barba questo denaro!!!.
Anche a casa, io non posso avere la televisione perche’ non abbiamo soldi. Il papa’ usa la bici perche’ non puo’ comprare la motocicletta. Io vado a scuola pubblica, e non posso andare in quella bella scuola privata, perche’ i miei genitori non sono in grado di pagare... Sono ancora piccola, e per quel poco che riesco capire, io non diventero’ mai mamma, ne’ potro’ andare all’Universita’; so che un bambino della mia eta’, ma di pella bianca, sarebbe operato e riprenderebbe a giocare a pallone, mentre io continuero’ ad essere gonfia, a soffiare, a sentire che mi manca l’aria tutte le volte che risalgo il sentiero che mi porta a casa... sono sicura che il bambino bianco malato non si sentira’ mai dire dalla mamma che i farmaci sono finiti, ma non ci sono fondi per comprarne altri... A me invece capitera’ tante volte, e Dio solo sa se continuero’ le terapie prescritte a Chaaria. Ma se un giorno il mio cuore si fermera’ quando sono ancora piccola ed innocente, allora, appena arrivata in Paradiso, faro’ a Dio, nostro Papa’, questa semplice domanda: “Abba, se sapevi che ci sono bambini che nascono nella parte sbagliata del mondo e che proprio per questo non possono curarsi, perche’ non fai nascere solo bimbi sani nella mia Africa, mentre quelli malati li fai nascere tutti nei Paesi ricchi dove ci sono cure e ospedali moderni? E’ forse perche’ i bambini africani ti piacciono cosi’ tanto che li vuoi presto nuovamente per te, in modo da trasformarli in tanti Angeli?”.
Penso proprio che sia cosi’, e a dire la verita’ sono proprio sicura che la maggior parte degli angioletti del cielo sono neri, e presto anche io saro’ uno di loro.
Ciao. Arrivederci in Paradiso.



Poi il 30 Agosto 2008 ci scriveva ancora:
Adesso sto veramente bene. Sono felice e non ho piu’ alcun problema. Con questa lettera, voglio prima di tutto rigraziare il Buon Samaritano che mi ha aiutata con la sua generosa offerta. Ora sono io a ricambiare il favore. Preghero’ incessantemente per tutti quelli che mi hanno aiutata e mi han fatto del bene. Infatti ora posso tutto, e non ho piu’ limitazioni di tempo. Da questa mattina alle 6 sono diventata un angioletto e sono volata diritta in Paradiso.
Mi chiamo Doreen. Sono stata a lungo ricoverata a Chaaria per una malattia di cuore. Nonostante le terapie e gli sforzi di tutti in ospedale, io non sono mai migliorata veramente. C’erano si dei giorni in cui mi sentivo piu’ in forma, ma in realta’ le forze non sono mai ritornate, ed io sono rimasta sempre gonfia come un pallone. Camminare era diventato un problema perche’ avevo il fiatone dopo due o tre passi. Da due giorni inoltre avevo notato un’altra cosa strana: se dormivo sul fianco destro, mi gonfiava la parte destra della faccia, e se mi giravo dall’altra parte, dopo poche ore si spostava anche l’edema. Da ieri mattina poi non sono piu’ riuscita a coricarmi: da sdraiata non respiravo proprio. A partire dalle due del pomeriggio non ricordo piu’ nulla: solo ora, guardando la moviola del tempo qui dal Paradiso, mi rendo conto che ero fuori di testa. Non capivo quando mi parlavano, mi alzavo e strappavo la flebo, dicevo frasi senza significato alcuno. So che Beppe ha provato a cambiare tutte le medicine, mi ha chiamato forte, ha provato a farmi ritornare allo stato di coscienza... immaginate che non l’ho neanche visto. Poi e’ venuta Sr Oliva che ha voluto battezzarmi... anche se ora, ripensandoci da angioletto, mi viene da ridere, perche’ Dio Padre mi avrebbe accolta lo stesso, anche senza quelle poche gocce d’acqua sulla mia fronte madida di sudore freddo. Ma so che quelle preghiere di Sr Oliva mi hanno comunque aiutata nella mia scalata al cielo che è sempre impegnativa.
Alla sera, siccome non potevo sdraiarmi, Bro Elisha, Elena e Francesca, con una delicatezza veramente speciale, mi hanno voluto portare in una cameretta singola e mi hanno messo su un lettino cardiologico (quelli con lo schienale rialzabile): anche così però io non ce la facevo a sdraiarmi. Sulla moviola ora posso vedere che sono stata agitata tutta la notte: e’ sempre difficile lasciare questa vita terrena, anche per un bambino che dalla sua esistenza non ha avuto che croce e dolore; e’ l’istinto di sopravvivenza... proprio non vuoi saperne di morire, anche se lo sai che il Paradiso e’ molto meglio per te. Alla fine però ero troppo stanca, e quando sorella morte mi ha chiamata verso le 6 di stamane, io non ho opposto resistenza ed ho accettato di camminare insieme a lei verso il sole che non conosce tramonto. Adesso sono nella Luce. Se conosceste quanto e’ bello il posto in cui mi trovo, non sareste tristi. D’ora in avanti, quando guardate le stelle in cielo, pensate che una di loro si chiama Doreen: vi guarda, prega per voi, vi ringrazia e non si dimentichera’ mai di quello che per lei avete fatto durante la sua breve esperienza terrena.
Mio caro Samaritano, ricordati: “se mi ami non piangere”.

Ciao. Doreen.

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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