domenica 8 febbraio 2009

Le escursioni domenicali


Quando possibile alla domenica accompagnamo i volontari a visitare le altre missioni del Cottolengo: Gatunga, Mukothima, Tuuru. Spesso andiamo anche a Huruma, a Kiamuri o all’orfanotrofio. Per chi lo desidera, organizziamo pure escursioni ad uno dei Parchi Nazionali, come e’ successo oggi per Maya, Paola, Alice ed Alessia che sono andate al Samburu Park, svegliandosi alle 3.30 del mattino per arrivare prima dell’alba alla riserva naturale e sperare di vedere i leoni. Il viaggio in se stesso e’
Jeep.JPGsempre affascinante per tutti i volontari: strade di terra rossa, piene di buche e di sassi. Si viaggia comunque attraverso una natura incontaminata, contemplando paesaggi incantevoli. Con queste uscite si ha veramente l’impressione di entrare sempre di più nel cuore dell'Africa ed anche nel cuore Bimbi.JPGdi noi stessi, tanto da dimenticare la strada del ritorno. Con queste gite si ha la possibilita’ di vedere la gente per quello che e’: non la si vede piu’ con il vestito bello, tenuto in serbo per andare all’ospedale a farsi visitare dal dottore. Si vedono abiti consunti, logori, non molto puliti. Si scorgono persone scalze o con un vecchio infradito nei piedi impolverati. Ci si imbatte in gruppi di donne che lavano la biancheria al fiume e la stendono sulle rocce o sui rovi circostanti. Ci sono poi bambini piu’ o meno vestiti che in un campo inseguono una palla fatta di un mucchio di giornali conficcati in una consunta borsa di nylon.
Ci sono donne anziane che si inerpicano per le salite Donna.JPGcon la schiena curva sotto il peso di un enorme carico di legname che alla sera servira’ per accendere il fuoco. Ci sono maschietti dall’eta’ forse di 5 o 6 anni che gia’ devono custodire una piccola mandria di mucche, e ci sono femminucce della stessa eta’ che portano sulla schiena un fratellino neonato. Sempre si incontrano esperienze di grande umanità. Puo’ capitare lungo la strada di assistere alle danze, ai canti, ai suoni, alle preghiere di varie liturgie, magari di denominazioni cristiane diverse, ma tutte egualmente dense Bimbi1.JPGdi speranza e cariche di serenità. Uscendo fuori dall’ospedale si vede la gente nel loro contesto di vita: si puo’ osservare la festa e la gioia dei colori; la semplicità dei poveri, e la loro grande forza interiore. Una differenza sostanziale con l’ Europa e’ l’eta’ media dell’ umanita’ che incontri per strada: la popolazione e’ giovane e ci sono frotte di bambini. Spesso circondano la macchina festosi e ci cantano una canzone. Guardandoli, sembrano tutti della stessa età. Portano addosso pochi stracci, ma sono scoppiettanti di gioia.
Albero.JPGQuando si va a Gatunga o a Matiri, si incontrano i baobab. Essi sono alberi millenari e sembrano giganti solitari sotto la forte luce del sole. Nei periodi di siccità paiono morti, ma appena comincia a piovere si coprono di foglioline verdi. Questo albero nel mio cuore e’ come un’immagine della gente d'Africa, forte e capace di sopravvivere anche in condizioni estreme.
Da queste escursioni si rientra quando ormai e’ buio fitto e si contempla la luna, pallida e fumosa, sulle colline. Di notte, sul letto, ai volontari sembra che il corpo continui ad essere cullato e sballottato qua e la’ dalla nostra jeep, ma la mente e’ rilassata e l’indomani si rientra in ospedale soddisfatti e felici.

Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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