Le lettere che seguono, ci sono pervenute da una dottoressa italiana (un'anestesista) che presta la sua opera per una ONG in Cambogia proprio in questo periodo. Per mantenere anonima la sua identità, l'abbiamo firmata Carola anche se non è il suo vero nome.
Questa dottoressa è stata volontaria a Chaaria già due volte e la ringraziamo per questa sua testimonianza preziosa, relativa ad eventi attuali e toccanti.
UN GELATO PER CHANTA
Un giorno come un altro, una famiglia di contadini come tante qui in Cambogia si sta recando al lavoro nei campi con il carretto trainato dai buoi, sopra ci sono un padre, una madre con una piccolina di 6 anni in braccio e altri 3 fratelli più grandicelli, davanti al carretto cammina la sorella più grande di 17 anni. La ruota del carro fa pressione su quella mina anticarro che chissà da quanto tempo era lì sotto, il boato è forte e improvviso, la sorella più grande si gira e nel tempo di un respiro ha perso metà della sua famiglia… il padre e tre fratelli muoiono sul colpo e la madre con la figlioletta più piccola sono scaraventate a terra… Vengono portate all’ambulatorio più vicino dove la bimba appare subito in condizioni molto gravi, respira male e si lamenta di dolori addominali… La caricano su un ambulanza e via verso l’ospedale che dista 3 ore di auto…
E’ sera quando l’ambulanza che porta la piccola Chanta arriva al nostro pronto soccorso, la visitiamo, la studiamo con le radiografie del torace ma nulla è chiaro… siamo perplessi perchè le condizioni sembrano stabili anche se quel respiro e quel addome non ci convincono e poi è così piccola, ha 6 anni ma pesa solo 13 kg…
Decidiamo di farle una tac torace e addome: ha contusioni polmonari bilaterali e un immagine molto dubbia di sanguinamento sul fegato, le controlliamo l’emoglobina ogni ora… scende di 1 grammo e poi un altro… decidiamo di portarla in sala…
E’ sulla barella con un pupazzetto rosso tra le mani, una infermiera le chiede se ha mai mangiato un gelato… lei dice che non le piace poi ci pensa un po’ e ci dice che lo vorrebbe proprio tanto un gelato… l’infermiera la guarda e le sussurra: “te lo prometto Chanta, lo mangerai quel gelato…”
Nell’addome c’è sangue… ci guardiamo con il chirurgo e pensiamo la stessa cosa, Dio fa che non sia il fegato… e invece ha proprio una lesione epatica molto grave… lo staff della sala si mobilita… comincia l’ennesima battaglia per la vita al di qua e al di là dei teli verdi… noi anestesisti che speriamo che il chirurgo faccia il più in fretta possibile per arrestare l’emorragia e guardiamo i bottiglioni dell’aspiratore con angoscia… ci affanniamo a trovare le vene, a trasfondere, a ventilare la paziente, non ci sono ventilatori pediatrici… né infusori per bimbi così piccoli… L’emostasi riesce e il chirurgo chiude l’addome lasciando un packing di garze… ma le condizione respiratorie sono brutte… ci vuole più di un ora per estubare la bimba e non è brillante… passa la notte nella terapia intensiva ma la mattina successiva ha 50 di frequenza respiratoria, broncospasmo, un respiro superficiale, piena di secrezioni e poi comincia ad avere delle apnee… In queste condizioni - dico allo staff- non ce la farà, presto andrà in arresto respiratorio e non possiamo aiutarla, non abbiamo i ventilatori… non c’è modo… Gli infermieri mi guardano, la loro responsabile, che è anche l’infermiera più esperta dell’ospedale, mi dice che se la intubiamo, la ventilano loro a costo di stare lì 24 ore… Penso ma come fanno a non rendersi che non è possibile! Se non si danno per vinti loro allora va bene, ci proviamo… Ogni volta che va in apnea – spiego- la aspirate dal naso così lei si sveglia comincia a tossire, migliora la saturazione… ma dovete andare avanti così tutta la notte… ve la sentite? Mi rispondono che ci sarà un infermiere solo per la piccola Chanta per tentare di farla arrivare viva al mattino dopo quando la riopereremo per toglierle le garze…
Il mattino è arrivato, sono passate 48 ore. Ci serve sangue fresco per i fattori della coagulazione e le piastrine… non c’è problema, mi dicono, ci sono due donatori compatibili pronti a donare il mattino dell’intervento: una è la sorella e l’altro è il nostro amministratore… Ormai c’è tutto lo staff che fa il tifo per Chanta… Si va in sala… l’emostasi ha tenuto, il packing rimosso e ora la piccola deve respirare… Ce la teniamo 2 ore in sala, sulla barella… guardo l’infermiera che la assiste e che le dice con tenerezza: “su Chanta, respira piccolina, ricorda che devi mangiare il gelato…”.
Sono passati alcuni giorni, Chanta con quelle misteriose risorse che solo i bimbi hanno, ce l’ha fatta, tornerà a correre con gli altri 5 fratellini. Chiedo alla sorella più grande se è contenta… è stata al suo capezzale nei giorni più critici… Non sorride, non è felice, pensa al padre morto, l’unica fonte di sostentamento della sua numerosa famiglia non c’è più… mi dice che non sa ora come faranno a tirare avanti, non si possono sfamare 6 bambini solo raccogliendo legna, lei è la più grande e si sente responsabile per tutti, lei non sa neanche cosa è una scuola ma sa cosa è la fame e sa che dovrà tornare presto in quei campi maledetti che le hanno distrutto la famiglia, sperando di non finire su altra mina.
Cambogia 22 Gennaio 2009
UNA MADRE, UN FIGLIO
Passano 48 ore… in cui lo abbiamo rincorso tra liquidi e trasfusioni per tenergli su la pressione e la diuresi, si chiamano parametri vitali, sono solo numeri… quel drenaggio nel torace che continua a riempirsi inesorabilmente ci dice che il sanguinamento c’è sempre e che la nostra battaglia per la sua vita non lascia molte speranze… E’ sul letto operatorio per la seconda volta, sempre cosciente che ci guarda con quegli occhi… e penso che forse il mio sarà l’ultimo volto che vedrà… vorrei invece che fosse quello della madre. Si sveglia anche questa volta, ma la situazione è disperata, il sangue trasfuso, siamo ormai a 24 sacche di sangue, non contiene quello che serve per la coagulazione, qui non abbiamo il plasma e ricomincia a sanguinare… Ha lottato come un leone fino all’ultimo ma non c’è più nulla da fare, la madre gli è accanto, lo accarezza, anche se è sedato gli parla dolcemente senza piangere e senza fermarsi mai e continuerà a parlargli anche dopo che gli infermieri l’hanno preparato e avvolto nei teli bianchi…
Una dottoressa italiana,
Carola.
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