lunedì 9 marzo 2009

Rottura d'utero in corso di travaglio


Insieme alla gravidanza extrauterina e’ sicuramente la complicazione piu’ temibile nella pratica ostetrica a Chaaria.
La causa piu’ frequente e’ la deiscenza (cioe’ il cedimento) di una precedente ferita sull’utero (cesarei, miomectomie, ecc): anche sabato scorso abbiamo avuto un caso di rottura di cicatrice pregressa in una donna che abbiamo cesarizzato per la terza volta. Altra possibile causa e’ legata all’uso della oxitocina per indizione di travaglio: questo farmaco qualche volta causa un eccesso di contrazioni, fino al cedimento della parete muscolare uterina. Anche l’ultimo caso clinico da me raccontato sul blog pochi giorni fa, riguarda proprio una rottura post-oxitocina.
Inoltre la rottura puo’ essere dovuta ad un travaglio prolungato (magari a casa o in una piccola struttura senza sala operatoria), causato da una disproporzione cefalopelvica: in pratica significa che il bacino della donna era troppo piccolo per il parto, ma nessuno se ne e’ accorto in tempo, e quindi l’utero si e’ sfiancato e lacerato dopo ore ed ore di contrazioni contro una barriera ossea insormontabile.
A volte la rottura e’ dovuta a cause fetali e non materne: per esempio malpresentazioni (faccia, fronte, spalla). Anche la multiparita’ (cioe’ l’aver avuto molti parti) e l’usura d’organo conseguente ad essa, sono un fattore predisponente di una certa importanza.
Ci sono poi altri elementi relativamente frequenti nei Paesi in via di sviluppo: per esempio la malnutrizione porta a delle deformazioni delle ossa del bacino in seguito a rachitismo in eta’ pediatrica; la poliomielite altera la conformazione della pelvi e rende piu’ stretto il canale del parto: tutto cio’, se non viene diagnosticato in tempo, portera’ a travagli prolungati e a possibili conseguenze disastrose per la madre e per il nascituro.
Quasi sempre infatti il feto muore nel momento stesso in cui avviene la rottura, ed anche la donna rischia gravemente di soccombere a delle gravissime emorragie interne.
La rottura e’ anche un grosso problema terapeutico. Tutte le volte che sia possibile, cerchiamo di ricostruire l’utero, ma a volte le condizioni dell’organo sono cosi’ compromesse, che non ci sono alternative all’isterectomia... ed immaginate quale trauma sia togliere l’utero ad una donna giovane, magari alla prima gravidanza e con un feto morto nel grembo.

Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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