giovedì 23 aprile 2009

Culture diverse

Pensavo che mi capitasse solo a Chaaria, ma anche a Mapourdit non e' molto diverso: oggi gli interventi programmati si sono tutti complicati, ed i tempi operatori si sono allargati all'infinito, portandoci ad una seduta di 13 ore. Siamo usciti dalla sala alle 22.30.
Meno male che stamattina avevo deciso di alzarmi prestissimo per andare a camminare, per non correre il rischio di essere stato qui, senza vedere il Sudan. Ho camminato per vari chilometri ed ho attraversato due villaggi poverissimi. Quello che mi colpisce e' da una parte la miseria, e dall'altra anche il fatto che questa gente abbia davvero ancora stili di vita atavici e lontanissimi da noi. I bambini piccoli girano per i cortili completamente nudi; non e' infrequante trovare delle donne vestite di solo perizoma. Gli uomini sono a casa o dietro alle mandrie: questa tribu' e' per lo piu' dedita alla pastorizia, anche se qualcuno coltiva qualcosa.
Camminavo e la gente mi salutava in linguaggi sconosciuti. Spesso le donne mi venivano incontro per darmi la mano e salutarmi con un SALAAM ALEIKUM.
Sono rientrato al Centro appena i tempo per la messa e con gli occhi pieni della loro poverta'.

Anche in ospedale sento una differente cultura rispetto a Chaaria: qui per esempio i parenti sono presenti in reparto 24 ore al giorno, ed e' l'amministrazione stessa che richiede la loro presenza, perche' si occupano di dar da mangiare ai malati, collaborano con il loro igiene personale e si prendono cura degli operati.
E' impressionante per me passare per i cortili e vedere gente seminuda che bivacca e che si prende cura dei propri bambini: mi hanno spiegato che sono i parenti, e che sono qui per seguire un congiunto ammalato.
L'ospedale non ha una cucina e non offre cibo: ci pensano i parenti.
L'altra cosa che mi ha impressionato e' il fatto che in questa cultura uomini e donne vengono ricoverati nello stesso camerone ed a loro non fa problema.

E' proprio vero che viaggiando si vedono usi e costumi diversi che sempre dobbiamo rispettare.
Ciao

Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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