giovedì 23 aprile 2009

Mortalità e morbilità materna ed infantile


Con questa esperienza a Mapourdit ho preso coscienza di un grosso problema presente in questa cultura cosi’ tradizionale e cosi’ poco esposta ad influenza esterne: qui le donne partoriscono sempre a casa, ed il cesareo e’ considerato un tabu’ dalla popolazione.
Da questo deriva una conseguenza che mi e’ balzata agli occhi il primo giorno: mentre a Chaaria abbiamo 50 parti al mese, qui in maternita’ seguono in media un travaglio al mese.
Altra conseguenza e’ rapresentata dal fatto che a Chaaria normalmente il cesareo salva la vita del bambino, mentre qui i pochi cesarei sono eseguiti su feti morti quando la presentazione e’ tale che impedisce di espellere per via naturale il bimbo gia’ deceduto.
Una delle infermiere che lavorano qui mi ha spiegato che e’ un problema grandissimo: lo staff della maternita’ ha provato a proporre il parto in ospedale anche attraverso incontri o parlando in chiesa, ma gli anziani del clan hanno messo in giro la voce di non andare a partorire in ospedale, dove certamente avrebbero fatto un cesareo.
Questo dato culturale certamente contribuisce a far si’ che in questo Paese ci sia una delle mortalita’ materno-infantili piu’ alte del mondo.
Lavorando con il Dr Tom, e cercando di imparare da lui le tecniche chirurgiche, ho anche avuto modo di conoscere la storia di queste poverette che sono state radunate da ogni parte della Nazione per la settimana di chirurgia delle fistole vescico-vaginali: molte sono rimaste a casa in travaglio per 6-7 giorni, e poi hanno alla fine in qualche modo partorito un feto morto, riportando pero’ gravi lacerazioni del perineo, e a volte anche la rottura d’utero.
Abbiamo operato oggi una donna ancora relativamente giovane, che ha un solo figlio dopo 8 gravidanze: il bimbo vivo e’ l’ultimogenito, nato con cesareo, purtroppo fatto troppo tardi. La mamma ha quindi complicato con una fistula che il dott Tom ha oggi riparato.
Un’altra giovane paziente era stata operata di fistula l’anno scorso dal nostro tutor; e’ quindi rimasta incinta nuovamente, ma, dopo aver confidato al marito che, in seguito all’operazione subita le era stato detto di non provare mai piu’ un parto a casa, lui aveva opposto un netto rifiuto, con il risultato che il neonato e’ morto in utero, e la mamma ha nuovamente la fistula.
Un enorme problema e’ la mancanza di istruzione: nessuna delle donne da noi visitate e’ mai andata a scuola. Questo vale anche per quasi tutti i loro mariti: cio’ e’ del tutto comprensibile, visto che ci sono stati decenni di guerra… Ma ora le cose sembrano cambiare lentamente: ci sono tante nuove scuole elementari e superiori. Certo l’istruzione portera’ un rinnovamento, anche se ci vorranno ancora anni.

Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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