domenica 26 aprile 2009

Riflessioni giornaliere dal Diario di Padre Pasquale SSC su alcuni "Detti e Pensieri" di S. Giuseppe Cottolengo, a cura di Lino Piano


Ogni atto di servizio diventi atto di comunione

Numero 153

Ora c’è più niente: ora vi è necessità, dunque la Divina Provvidenza provvederà.



Riflessione

La realtà più importante nella Famiglia della Piccola Casa deve essere la relazione, deve essere l’amore e la crescita nella fiducia reciproca; deve essere la capacità di perdere tempo insieme, ammirare la bellezza e il dono dell’altro per rallegrarsene. Amare è essere contenti della vita, della bellezza dell’altro,prima ancora che fare qualcosa per lui.
Il Santo Cottolengo desiderava che nella Piccola Casa a poco a poco si imparasse che nei gesti di amore e di accoglienza dei poveri, nella tenerezza e nella fermezza, nel cuore a cuore c’è una presenza di Dio e un silenzio. In questo modo, il cuore del povero è sacramento. Per scoprirlo e per viverlo,bisogna sforzarci di vivere alla presenza di Gesù. Tra il cuore del povero e il nostro cuore si deve stabilire una vera comunione, che è come un incontro intimo, un dono di Dio: è un momento di grazia.
Il servizio deve essere impregnato di ascolto, di tenerezza, di presenza e di pace.. Questi momenti di comunione si trasformano così in preghiera e comunione con Gesù, che diventa egli stesso l’anello di congiunzione dei nostri cuori.
Questa relazione è impegnativa, ma ci insegna a non chiuderci in noi stessi. Ci chiama a superare il nostro egoismo, per vivere un amore sempre più autentico.



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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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