lunedì 27 aprile 2009

Riflessioni giornaliere dal Diario di Padre Pasquale SSC su alcuni "Detti e Pensieri" di S. Giuseppe Cottolengo, a cura di Lino Piano


Fare le cose normali con tenerezza

Numero 155

Sta quieta e confida nella Divina Provvidenza; vuoi tu pensare che il Signore ci lascerà senza minestra? Nemmeno per sogno, vedi, senza dubbio ci provvederà.


Riflessione

Quando mettiamo amore in una attività, essa diventa bella, e il frutto di questa attività è bello. Ma la bellezza più grande è una bellezza spoglia e semplice, in cui tutto è orientato verso l’incontro delle persone fra di loro e con Dio.
Una comunità più giusta si fa a poco a poco, attraverso i gesti di amore nel quotidiano. Non ci viene chiesto di fare grandi cose, ma di fare piccole cose con un amore crescente, che attinge nel cuore di Dio.
“Stare quieti e confidare nella Provvidenza” richiede da parte nostra non di voler essere o fare i protagonisti ma di vivere umilmente le beatitudini,di vivere il piccolo quotidiano di ogni giorno nella nostra comunità, nell’amore del Padre Provvidente.
La vita nascosta di Gesù è il modello di ogni vita è fatto di semplici azioni. E’ fatto di doni, di gioie e di feste. La nostra bellezza è nella fedeltà alla meraviglia di ogni giorno. Questa fedeltà nasce in noi se riconosciamo la nostra grandezza è nell’accettare la nostra piccolezza, e nel rendere grazie a Dio per aver messo nella nostra fragilità semi di eternità che si manifestano attraverso i piccoli gesti quotidiani d’amore e di perdono.
Nella Piccola Casa si può scoprire che l’amore non è fare delle cose straordinarie, eroiche,ma fare le cose normali con tenerezza.

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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