mercoledì 29 aprile 2009

Riflessioni giornaliere dal Diario di Padre Pasquale SSC su alcuni "Detti e Pensieri" di S. Giuseppe Cottolengo, a cura di Lino Piano


Dio Padre Provvidente

Numero 167

Essendo noi membri di una famiglia posta sotto le ali della Divina Provvidenza, le facciamo gran torto nel mostrarci malinconici.


Riflessione
L’immagine prevalente di Dio nella Piccola Casa è quella del Padre Provvidente e pieno di tenerezza.
Il padre, o l’immagine paterna, è colui che ama l’altro di un amore unico e personale, e desidera solo che cresca. Tra i due c’è un rapporto di reciproca fiducia: essi sia mano. Il padre sostiene, incoraggia,rafforza,consiglia e, se necessario,corregge. Il padre sa che nessuno è perfetto, sa che in ciascuno c’è una ferita, una grande fragilità, delle tenebre di rabbia e di depressione. Ma è paziente: prepara, sostiene,promuove la crescita e la maturazione. Egli sa perdonare, come sa anche dialogare. Le ali della Divina Provvidenza fanno pensare anche a una mano paterna che ci sostiene. Essa forma quasi un nido: sostiene e regge, comunica calore e sicurezza, perché al momento giusto possiamo affrontare la vita. La nostra vita, il nostro corpo,le nostre mani sono chiamate ad essere questo nido, per accogliere e sorreggere gli altri. Non possedere, non fare violenza, non giudicare, non condannare, ma portare e sorreggere. Sorreggere il debole nelle sue sofferenze, nelle sue ire,nelle sue depressioni, nei suoi sogni,nelle sue illusioni; ma anche nella sua luce,nelle sue speranze,nelle sue possibilità di crescita e di maturazione; sostenerlo e fortificarlo fino al giorno in cui potrà prendere il volo,diventare pienamente se stesso,capace di scegliere da solo il suo nuovo posto. In questo modo,tra colui che sostiene il debole e il debole che è sostenuto,si crea un vincolo di fiducia e di amore: questo vincolo è un dono di Dio. E’ una vera alleanza. Ognuno è responsabile dell’altro. Il debole, che riceve vita, dà anche lui ugualmente vita, aprendo il suo cuore a colui che lo sostiene. Il debole non tocca la nostra intelligenza, ma il nostro cuore. Se noi entriamo in relazione con lui, noi entriamo nella compassione e troviamo che Dio è compassione.

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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