domenica 3 maggio 2009

Mi chiamo Denis

... e sono affetto da sindrome nefrosica. E' una condizione strana che ti prende all'improvviso e che ti fa gonfiare da tutte le parti. Fino all'inizio di Aprile ero completamente normale, poi ho cominciato a diventare come un pallone. Se dormo sul fianco sinistro, mi si chiude quell'occhio. Se mi giro dall'altra parte mi si chiude quello del lato opposto. Faccio fatica a fare la pipi' perche' anche la' sono gonfissimo. Poi mi manca il fiato: i medici parlano di versamento pleurico, pericardico e ascite.
Dicono che la causa di questa malattia rimane sconosciuta nel 90% dei casi. Altre volte puo' essere una conseguenza della malaria ed altre ancora sembra una sequela della malattia reumatica.
Mi dicono che perdo troppe proteine con le urine e che questa e' la ragione dell'edema. La spiegazione chimica non la conosco, ma se dicono che e' cosi', sara' certamente vero.
Il dottore mi rassicura, perche' dice che all'eco i miei reni sono belli e la creatinina e' normale: per questo dice che ho grosse speranze di guarire, anche se ci sono bambini meno fortunati che velocemente vanno verso l'insufficienza renale.
Ho il colesterolo alto, anche se non mangio e vomito tutto, mentre le proteine nel mio plasma sono assai basse. Ora mi stanno facendo delle terapie e mi stanno dando una dieta con alte concentrazioni proteiche.
"Io, speriamo che me la cavo".

Denis

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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