Ha 28 anni ma ne dimostra sessanta. E’ orfano di padre e madre, e vive di espedienti da parecchio tempo.
Ormai da mesi non riesce piu’ a nutrirsi, perche’ ha qualcosa che lo blocca nel collo.
E’ stato portato a Chaaria in condizioni estreme. Non riesce neppure a deglutire la saliva, che gli scorre dalle estremita’ della bocca: deve girare con una lattina vuota per raccogliere le secrezioni che continuamente gli colano dalle labbra.
E’ stato portato a Chaaria da alcuni “Buoni Samaritani”, che dicono di appartenere ad una ONG islamica che ha aiutato Mohamed finche’ e’ stato possibile per lui rimanere a casa.
Ora non e’ piu’ autosufficiente, e mi hanno chiesto di accoglierlo.
E’ uno scheletro ambulante. Dopo pochi passi deve sdraiarsi per terra perche’ gli mancano le forze.
Dopo la gastroscopia ci siamo resi conto del suo problema: un carcinoma esofageo avanzatissimo, che ormai gli ha precluso ogni possibilita’ di nutrizione: neppure la saliva o l’acqua possono passare. Abbiamo fatto delle biopsie, ma sappiamo gia’ quale sara’ il verdetto.
Anche l’ecografia ci scoraggia: Mohamed ha ormai metastasi al fegato, ed ha pure ascite (acqua nella pancia).
E’ in reparto da due giorni ed e’ come rifiorito, perche’ le flebo almeno stanno correggendo la disidratazione. Pero’ vomita tutto e mi dice che sta morendo di fame: vuole un sondino nasogastrico per alimentarsi, ed e’ difficile per me fargli capire che, anche se ci provassi, non riuscirei a passare.
Dice poi di avere difficolta’ crescenti a respirare, perche’ qualcosa gli sta chiudendo la gola: mi stringo nelle spalle e penso che il tumore potrebbe avere gia’ invaso la trachea.
Povero Mohamed! E’ proprio spacciato!
Mi chiama spesso e, quando sono vicino a lui, mi dice che io sono come suo papa’ ora, e che non ha nessun altro al mondo. Mi promette che, se lo guarisco, lui lavorera’ per me tutta la vita. Mi fa tanta tenerezza, e gli ripeto di continuare a pregare Allah tutti i giorni, perche’ entrambi abbiamo bisogno del suo aiuto.
Vorrei fargli una PEG (cioe’ mettergli un tubo direttamente nello stomaco, per aggirare l’ostacolo e riuscire a nutrirlo): ma ho paura che mi “rimanga sotto i ferri”, e poi davvero il limite con l’accanimento terapeutico (almeno nelle nostre condizioni di lavoro) e’ abbastanza sottile. Non so proprio cosa fare per lui!
2) BELL’ANIMA
Sono le ore 13 di una giornata convulsa. Abbiamo avuto un lungo intervento per correggere uno sventramento, seguito a ruota da un cesareo urgente. Sono stanco, e soprattutto mi preoccupa la fila di pazienti ambulatoriali che aspettano un’ecografia. So che fra un po’ cominceranno la solita tiritera sul fatto di aver aspettato troppo, e cose del genere.
Vado nello studio di Ogembo, anche lui sommerso di malati e gli dico: “Abbiamo un altro cesareo da fare subito. Come ci organizziamo? Vuoi farlo tu?”
La sua risposta e’ stata immediata: “I can do it for you”, che letteramente potrebbe essere tradotto: “lo posso fare io per te”.
Accetto la proposta senza battere ciglio ed inizio ad affrontare la mia coda scalpitante di pazienti.
La giornata procede un po’ tesa, a motivo del tanto lavoro. Ma sostanzialmente siamo sereni, e riusciamo a finire tutte le visita verso le 18.30. Oggi anche Ogembo si e’ fermato fino ad ora, non guardando l’orologio.
Me lo trovo seduto nello studio con un sorriso “da orecchio ad orecchio”. E’ chiaro che vuole dirmi qualcosa. Gli chiedo se ha qualche problema. La sua risposta mi prende in contropiede: “credo che oggi tu sia arrabbiato con me”.
Io cado dalle nuvole, e gli ripeto che, se anche mi ha trovato un po’ scontroso in qualche momento, cio’ era legato solo alla tensione dovuta al gran numero di malati.
Ma Ogembo incalza: “Oggi, quando mi hai chiesto di fare il cesareo, io ti ho risposto male!”.
Ancora gli dico che non mi sono accorto di niente, e che, se gli sono sembrato scuro in volto, cio’ era legato solo a stanchezza. Gli ho anche ribadito di non preoccuparsi, perche’ io non sono geloso dei cesarei, e possiamo dividerci quel compito meta’ per uno.
Ma Ogembo afferma: “Prima ti ho detto che avrei fatto il cesareo per te… ma questa risposta e’ stata scortese ed incorretta. Noi lavoriamo prima di tutto per Dio e poi per il bene dei malati. E’ per loro che lo dovevo fare, e non per te”.
“Sei proprio un’anima bella, caro James Ogembo. Vorrei avere io la fede e la delicatezza che hai tu… ma almeno stai tranquillo, perche’ la tua frase di oggi non mi ha affatto ferito, ed anzi ti sono sempre riconoscente per il grande aiuto che mi dai”.
Fr Beppe
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