sabato 27 giugno 2009

Fiori d'arancio

Anche oggi una grande festa per Chaaria. Nella chiesa parrocchiale la nostra dipendente Phyllis si e' unita in matrimonio con Andrew, un ex ricoverato presso la Missione di Tuuru, spesso anche nostro collaboratore come traduttore per i volontari medici italiani che non conoscono adeguatamente la lingua inglese.
PhillisAndrew1.jpgAndrew e Plyllis hanno gia' tre bambine, che nella stessa cerimonia sono state battezzate.
La Messa e' stata caratterizzata da un immenso ritardo da parte degli sposi che hanno fatto aspettare i poveri fedeli per tre ore e mezza prima di presentarsi all'altare. La liturgia poi e' stata molto ricca di colori, come in genere Father John Peter riesce a fare.
Ora Phyllis ed Andrew, che gia' si sono amati per molti anni, hanno consacrato la loro unione davanti a Dio per sempre. A loro auguriamo felicita' per tutta la vita.
Dopo il rito religioso, il rinfresco si e' tenuto direttamente nel cortile della parrocchia, in quanto la casetta degli sposi non ha un cortile. E' stato un susseguirsi di canti e balli, dolci e bibite per alcune ore molto pittoresche. E' poi venuto l'atteso momento del taglio della torta, e la consegna dei regali: era presente alla festa anche un folto gruppo di Buoni Figli (i nostri handicappati mentali), oltre ai volontari e ad una nutrita delegazione dello staff.
Tutto e' andato benissimo, e la gente e' ritornata alle loro case prima che scendesse la notte.


Fr Beppe Gaido




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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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