giovedì 25 giugno 2009

I miei occhi quasi spenti ora vedono la luce

Carissimi amici dell'Istituto Galvani,
non ci vedo quasi niente. Il mio problema è stato causato dal diabete e dalla pressione alta. Non ho mai saputo di avere questi problemi. Mi accorgevo che diventavo sempre più magra, anche se mangiavo molto; l'altra cosa strana è che avevo sempre sete: avrei bevuto una tonnellata d'acqua, ma la mia bocca rimaneva riarsa come se fossi nel deserto. Per non parlare della pipì: avevo sempre voglia di orinare, e se non correvo in fretta e furia, me la facevo addosso.
Avevo spesso mal di testa, ma siccome ero quasi sempre nella steppa del Nord con alcune mucche malandate e poche capre ossute che disperatamente cercavano qualcosa da mangiare, non mi sono preoccupata più di tanto. Pensavo che fosse il sole.
Anche la vista se ne è andata pian piano: non so nè leggere, nè scrivere... usiamo pochissimi indumenti a causa del clima torrido delle nostre zone, e quindi non rammendo quasi mai. Proprio per questo, quando mi sono resa conto che non ci vedevo più neanche per i lavori più grossolani (come per esempio la mungitura), il danno era già avanzato.
Questi occhiali mi sono stati preparati qui in Africa, ma non ci vedo troppo bene. Ora però so che riceverò presto i nuovi occhiali che voi avete preparato con amore durante la scuola.
Arriveranno in tempo, perchè io dovrò stare a lungo in ospedale, in quanto la mia glicemia non va ancora bene, nonostante l'insulina, e la mia pressione non accenna a diminuire. Anche le mie gambe non mi reggono: mi sembra che siano quasi paralizzate... sento sempre il formicolio... il dottore dice che anche questo è legato al diabete
Dio vi benedica fino alla decima generazione dei vostri figli per quanto avete fatto per me e per tanti altri come me.


Una malata di Chaaria


PS: mi ha chiesto di non scrivere il suo nome, e rispettiamo la sua richiesta


Malata.JPG


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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