domenica 14 giugno 2009

Lettera agli OSS (Operatori Socio/Sanitari)


Carissimi amici,
se c’e’ qualcuno di voi connesso e sta leggendo il blog, desidero lanciare un appello.
Per ragioni di studio, negli ultimi mesi ben nove Fratelli della nostra comunita’ sono stati trasferiti in altre realta’ (in Italia e a Nairobi).
Questo fatto, in se’ necessario per la crescita formativa di questi giovani confratelli, ha senza dubbio creato anche dei vuoti nel nostro servizio, sia presso i Buoni Figli, sia nei reparti dell’ospedale.
Gli infermieri sono normalmente molto pochi in ogni singolo turno, e fanno fatica a stare dietro al nursing di base dei nostri ricoverati.
Il vostro servizio umile (igiene personale, svuotare le borse dell’urina, imboccare i malati non autosufficienti, accompagnarli ai servizi, sbarbarli, tagliare loro i capelli, “sederli” in carrozzina e poi rimetterli a letto quando sono stanchi) e’ grandemente apprezzato, ed onestamente molto richiesto in questa fase storica di Chaaria.
Se qualcuno avesse disponibilita’ di ferie, magari dopo la fine di agosto (in quanto siamo pieni durante l’estate), sappia che sara’ il benvenuto e per noi sara’ una presenza provvidenziale.
Per gli accordi tecnici riguardo alla partenza, potete scrivere a Lino Marchisio (email: linomarchisio@fastwebnet.it) o a Sr Anna Maria Derossi (email: derossiannamaria@ospedalecottolengo.it).
Vi ringrazio anticipatamente.


Fr Beppe

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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