sabato 25 luglio 2009

Il solito Machete del week end


E’ sabato sera, e, come in ogni week end, anche oggi non e’ mancato un paziente terribilmente malmenato e ferito da colpi di machete.

Si trattava di un giovane assalito dai ladri. Aveva lesioni ovunque: al volto, alle spalle, al cranio, sulla schiena.

FeritaMachete.jpgLa sutura di tutte quelle ferite e’ stata lunghissima: ci ha occupati fino alle 22.30. E’ stato un bel lavoro di équipe in cui sia io che Giorgio continuavamo a cucire in parti diverse del corpo. Abbiamo prima lavorato a paziente supino, e poi lo abbiamo dovuto girare a pancia in giu’ per riparare le lacerazioni della schiena. Tendini, muscoli, fasce, cute... tutto pian piano ritornava al proprio posto. Ci sentivamo come dei sarti. Tutto avveniva sotto gli occhi vigili di Ken che si occupava delle condizioni generali del malato.

Cammin facendo ci siamo resi conto che il povero sventurato aveva anche due fratture: una alla gamba sinistra e l’altra alla scapola destra. Abbiamo quindi completato il nostro lavoro con dei gessi alquanto complessi, perché dovevano sia contenere le fratture che permettere l’apertura di finestre attraverso cui medicare le ferite.

Il ferito adesso e’ a letto, e sorride: non ha male perche’ gli facciamo antidolorifici. I suoi familiari non fanno che ringraziarci perche’ lo abbiamo salvato... A me pero’ e’ rimasta una domanda: perche’ tanta cattiveria? Perche’ infierire cosi’ brutalmente su un uomo inerme? Forse i banditi vengono dallo stesso villaggio, e magari sono anche suoi vicini: lui dice di non averli riconosciuti perche’ era buio.

Ora questa gente violenta e’ a piede libero, e potrebbe attaccare altre persone che vivono da sole. Questo pensiero un po’ mi turba ricordando tanti amici che vivono in casette di legno sparse per la boscaglia: “dobbiamo solo pregare che Dio ci protegga tutti”, mi dice Ken mentre do l’ultimo punto di sutura.

Io pero’ continuo a non capire perche’ l’uomo debba cosi’ spesso cercare la propria autorealizzazione nel far del male agli altri. Il mistero della malvagita’ umana mi turba e mi confonde: a distanza di duemila anni ancora e’ valido il detto romano: “homo homini lupus”, e noi spendiamo molto del nostro tempo a riparare i danni che i malvagi infliggono a gente innocente ed indifesa. Forse la riposta a questa domanda la trovero’ solo in Paradiso... per ora continuo ogni giorno con le mie battaglie, sperando di strappare alla morte quante più vite mi sia possibile.

Ciao.


Fr Beppe


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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