venerdì 10 luglio 2009

La cicogna in casa di Paul Kinoti



Paul.jpgInsieme a Paul, nostro fisioterapista, desidero ringraziare Dio per la nascita della sua secondogenita, avvenuta ieri sera alle ore 18.30 con un taglio cesareo molto complesso.
Paul ed Esther erano già genitori di Mutethia, che ha ora 12 anni. Avevano poi provato a lungo ad avere un altro figlio, ma le cose erano andate sempre malissimo, con vari aborti, e due pregressi cesarei che però avevano sampre portato alla luce un bimbo già morto.
Alcuni anni fa avevano deciso di adottare una bambina di 7 anni dall'orfanotrofio di Nkabune. Questa figlia adottiva è nel loro focolare da circa tre anni ed è molto buona. Si chiama Kanana.
Ora, quasi inaspettatamente, la cicogna è tornata a posarsi sul loro caminetto. E' stata una gravidanza difficile, con moltissime complicazioni intercorrenti, ma fortunatamente siamo riusciti ad arrivare a termine e ad eseguire l'intervento in modo elettivo, evitando la temutissima complicazione della rottura d'utero (che purtroppo si era verificata nel corso del precedente travaglio).
In sala eravamo tesissimi, ma sostanzialmente non ci sono state complicazioni di rilievo. Anche Ogembo era con noi.
Fuori dalla camera operatoria, Paul ha atteso pazientemente il dono che Dio avrebbe voluto fargli (non ne conoscevamo il sesso).
La neonata ha avuto qualche problema respiratorio e ci ha tenuti svegli durante la notte. L'abbiamo supportata con ossigeno ed altre terapie del caso, ma ora sembra che tutto proceda per il verso giusto. Piange vigorosamente, si allatta al seno senza affaticarsi troppo, non è cianotica.
Complimenti Paul ed Esther per la vostra famiglia sempre più grande.
Auguri di felicità e salute.

PS: Paul per ora non sa ancora che nome avrà la piccola. Dovrà consultare gli anziani del clan, secondo la tradizione locale. Vi farò sapere.
Esther sta bene e sta recuperando positivamente con un post-operatorio senza difficoltà.



Fr Beppe


Figlia di Paul.jpg


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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