mercoledì 22 luglio 2009

Ancora un pargolo tra gli orfani


Sono arrivato da due giorni, e sono un maschietto. Oggi compio la mia prima settimana di vita. La mia mamma è morta di parto al Kenyatta Hospital. Ero nato a Nairobi perchè mio papà aveva trovato un lavoro laggiù.
Di origine sono però un Meru, come anche i miei genitori... mi pare che non abitiamo molto lontano da Chaaria.
Mio padre dice di non essere interessato a me, perchè ha già altri 4 figli e farà fatica a mantenerli anche senza contare il sottoscritto. Per questo, alla dimissione dalla maternità si è subito recato all'orfanotrofio di Nkabune, dove le suore mi hanno prontamente accettato.
Però, siccome sono molto piccolo e loro non sono attrezzate per l'assistenza al neonato, sono stato affidato a Chaaria, dove dovrei rimanere finchè inizierò a camminare. Poi non so che cosa ne sarà di me. La vita non è mai facile per un orfano.
Ora il mio problema più grosso è che mi manca la mamma, e che con il latte in polvere vomito molto. Piango quasi sempre ma spero di sistemarmi pian piano.
Non ho ancora un nome, perchè il mio babbo non lo ha ancora comunicato. Appena saprò come mi chiamo, ve lo farò sapere.




Bimbo senza nome



Orfano.jpg




1 commento:

Francesco Pianelli ha detto...

Sono appena tornato da Tuuru, purtoppo questo giro non sono potuto muovermi più di tanto e quindi non mi sono riuscito a spostare a chaaria...la prossima volta (che non credo sarà tra molti mesi) mi organizzo per "passare" da voi.
Francesco


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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