martedì 4 agosto 2009

Contraddizione in termine


Amanda e Goffredo (nomi d’arte) lavorano per una organizzazione non governativa e sono approdati a Chaaria con una lunga esperienza alle spalle. Sono venuti a valutare la nostra situazione ed il nostro bisogno di aiuti. Europei di origine e di mentalita’, gia’ dal primo giorno mi dicono che loro girano l’Africa come le loro tasche e quindi la conoscono benissimo.
Sono stati in moltissimi Paesi, cosi’ tanti che non riesco nemmeno a ricordarmeli tutti. Sono viaggiatori espertissimi e sanno veramente tutto sull’Africa.

“Qui a Chaaria siete in America, se paragonate questa situazione a quella di moltissime Nazioni piu’ povere di questa... dove siamo stati prima divenire qui, veramente la gente moriva di fame”.

Cerco sempre di non rispondere a chi conosce l’Africa cosi’ bene. Io che ci vivo da piu’ di dieci anni non sono ancora arrivato a tale lucidita’ di giudizio. Provo pero’ a rispondere, anche per aiutarli a dare un feed back corretto alla ONG per cui lavorano: “se qua siamo come a New York, come ve lo spiegate che la gente si lascia morire di cancro o di insufficienza renale perche’ non ha i soldi per le terapie a Nairobi? O come mai una mamma che ha il figlio con una cardiopatia reumatica non ci prova neppure a contattare un cardiochirurgo per una sostituzione valvolare?”.

Ma poi, in altri momenti, Amanda e Goffredo mi dicono che nella Missione di Chaaria non c’e’ nulla, che il cibo e’ obbrobrioso e che qui facciamo fare la fame alle persone che vengono ad aiutarci gratuitamente. Allora io provo timidamente a farli riflettere: “ma in tutti quei Paesi dove siete stati e dove la poverta’ e’ estrema, voi che cosa mangiavate?”

“La’ il cibo era sempre ottimo e mangiavamo carne tutti i giorni!”

“Non vi sembra uno scempio che voi mi diciate che i bambini morivano di fame fuori della vostra casetta, e voi mangiaste carne arrostita tutti i giorni? E poi non mi sembra che a Chaaria si faccia la fame: tutti i volontari passati precedentemente dicevano che qui erano ingrassati... anche stasera dopo cena abbiamo avanzato riso, minestra e fagioli. Oltre alla colazione c’e’ sempre uno spuntino alle 11 e la merenda alle 17”.

Non so che dire, se non che i continui apprezzamenti di Amanda e Goffredo sono pesanti, anche se motivati dalla necessita’ di fare una relazione alla loro ONG... e lo sono soprattutto quando poi coinvolgono assolutamente tutto: gli infermieri qui non hanno voglia di lavorare; sono cosi’ tanto disordinati che meta’ delle terapie vengono perse sotto il letto e sprecate; se si richiede un esame del sangue per un paziente ricoverato, tre gioni dopo non lo hanno ancora eseguito. E poi tutta questa gente che lavora qui non si lava mai: la puzza di sudore e’ insopportabile.

Queste contraddizioni in termine mi confondono: siamo o non siamo a New York qui a Chaaria?

Mi sembrano comunque affermazioni incredibili da parte di gente che teoricamente vorrebbe solo aiutare, e, a giudicare dal curriculum, dovrebbe aver vissuto situazioni di foresta o poco lontano.

Che poi Chaaria sia Svizzera, io lo potrei anche controbattere facilmente, visto che molta gente non ha neppure i soldi per pagare l’ospedale... ma alla fin della fiera, anche Amanda e Goffredo se ne andranno, ritorneranno in Europa volando magari in Business Class, scriveranno le loro belle conclusioni, e torneranno alla vita di sempre... mentre noi rimarremo qui con le nostre malarie cerebrali, i nostri parti complicati, i nostri tumori per cui non possiamo far nulla perche’ ci mancano i soldi.

Giudicare e’ sempre molto facile, soprattutto quando in una realta’ si fa una “toccata e fuga”. Il difficile e’ rimanerci in quella situazione; trasformarla e farla crescere dall’interno, sfruttando i talenti che qui ci sono... e pazientando con i ritardi ed i limiti propri di ogni latitudine.

I pensieri Europei di Amanda e Goffredo comunque ci servono. Ci aiutano a capire che, qualunque cosa tu faccia, c’e’ sempre qualcuno che ne vedra’ solo il lato negativo. Ma alla fine conta solo quello che noi siamo davanti a Dio... e se Lui vuole, anche quella ONG ci mandera’ qualche soldino.



Fr Beppe



1 commento:

Dr. Ugo Montanari ha detto...

Rispondo perché:

1. sono in fase di invecchiamento e di conseguenza divento sempre più logorroico ed invadente;
2. peso di far cosa gradita,

Ciò premesso, credo che:

1. dire che Chaaria è l'America resta in ogni caso un apprezzamento OGGETTIVO, al di là del modo con cui viene detto; è, infatti, il riconoscimento che decenni di lavoro hanno prodotto un marcato cambiamento nella vita della gente.... d'altra parte basta fare il "ragionamento per assurdo": che sarebbe lì, senza l'ospedale di Chaaria? .... manco pensarci!
2. la dieta: a molti wazungu sembra monotona e scadente una dieta a base di riso e fagioli, che per quelle latitudini (dove si campa ad ugali) rappresenta un lusso ... è un'opinione personale, non una valutazione sulla struttura e sul lavoro: personalmente gradirei molto meno una dieta ricca di carne, che più passa il tempo più mi disgusta.... sempre personalmente INORRIDIREI al pensiero di spuntini a metà mattina e metà pomeriggio: già ora la bilancia mi gratifica di abbondanti 110 e lode.... dove vogliamo arrivare? Conclusione: ogni commento sulla dieta è un'opinione non necessariamente condivisa e condivisibile, ma sostanzialmente ininfluente.
3. la puzza... presumo che lì faccia caldino anzichenò e presumo che si sudi come bovari dell'Oklahoma... mi sembra quindi abbastanza normale il fatto di puzzare alla grande, anche tenendo conto che l'approvigionamento di bagnoschiuma, cosmetici, acque miscelate, idromassaggi, creme, cremine, anti-odoranti e cazzatine varie presenti qualche difficoltà in più rispetto alla wazungonia .... e forse anche l'approvvigionamento d'acqua risulta un po' più difficoltoso; personalmente qui in Italia, in estate, se non faccio due docce al girono emano vago sentor di capro selvatico... presumo quindi che non si possa pretendere di più da gente che vive in case di terra e che si lava nelle pozze o alle fontane... o no?
4. il pole pole: effettivamente per uno mzungu il modo di fare le cose da quelle parti è snervante: è un dato oggettivo.... però,a pensarci bene, forse hanno ragione loro quando dicono haraka haraka hakuna baraka... o no? boh... non ci capisco niente, alla fine. In ogni caso, mi sembra di notare che chiunque vada in Afrika finisca per fare i suoi commenti sul pole pole.... ed in ogni caso sono commenti su un modo di vivere diverso dal nostro e stop; anche in questo caso sono ininfluenti o non pertinenti relativamente alle strutture di servizio: se i locali lavorano così, bisogna stare al gioco...che ha sicuramente i suoi difetti, ma, forse, anche dei pregi... o no?
5. letti così, da fuori, non mi sembrano "giudizi" ma solo "commenti" non necessariamente condivisibili, ma che non inficiano di una virgola la grandezza umana e morale di ciò che Chaaria è.... ergo, se posso permettermi, vorrei invitarti a non sentirti ferito da questi commenti: è un modo di partecipare .... resta il fatto oggettivo che siete così importanti da richiedere un sopralluogo da parte di ONG, una relazione e l'attenzione di organismi ufficiali o semi-ufficiali .... e resta il fatto che chi ha conosciuto te o letto le lettere da Chaaria non può che innamorarsi di voi, del vostro lavoro e della vostra fatica ....Mungu awabariki milele

ugo nusu kiboko nusu pirlotto


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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