domenica 22 agosto 2010

C'è solo da imparare!!!!


Carissimi amici del blog,
una fotografia non basta per spiegare una situazione, un incontro eppure a volte è l’unico modo che ci permette di comunicare, di condividere.
Forse non a caso una fotografia non basta: la foto di Josephine può far trasparire diverse emozioni.
Noi abbiamo avuto la possibilità di conoscerla e non possiamo che dire di avere ricevuto un dono.
Josephine è una ragazza di 12 anni, paralizzata dalle gambe in giù.
Non è nata così: fino all’età di 10 anni giocava come ogni altro bambino e poi all’improvviso è stata male, ha avuto forti crampi addominali accompagnati da diarrea, ha iniziato a sentire formicolio ai piedi poi alle gambe e nel giro di poche settimane si è trovata su una carrozzina.
Fu ricoverata in ospedale dove le proposero una TAC della spina dorsale ma la famiglia (composta dalla mamma e da 3 sorelle e due fratelli) non poteva affrontare la spesa per tale indagine.
Da quel giorno della dimissione dall’ ospedale Josephine è curata a casa dalla mamma che premurosamente la cambia ogni volta che si bagna, la gira per non farle venire quelle piaghe da decubito che sono molto comuni in tutti quei pazienti che non hanno più sensibilità nervosa.
Circa un mese fa Josephine è stata ricoverata in un ospedale perché non stava bene. Le due settimane di degenza le hanno lasciato qualche segno: la mamma si è fidata del personale per la cura della figlia ma non sono stati così attenti e premurosi come lei e così, quando Josephine è stata portata qua a Chaaria, aveva delle piaghe da decubito grandi e profonde.
Noi al momento non le abbiamo viste, abbiamo solo letto in cartella il motivo del suo ricovero: con Mirella, neo laureata attualmente volontaria qua a Chaaria e con Daniela la volontaria ostetrica,  siamo andate per conoscere la paziente.
L’abbiamo chiamata e a risponderci è stata una ragazzina bellissima e sorridente: credevamo di esserci sbagliate. Abbiamo parlato con lei in Inglese e lei sempre con il sorriso sulle labbra rispondeva, senza far trasparire un minimo di sofferenza.
La prima notte che ha trascorso in ospedale è stata davvero sorprendente: al momento della terapia di mezzanotte, quando sono andata a portarle le medicine, lei era li’ che canticchiava. Per un attimo mi sembrava di vivere un sogno: come poteva Josephine in quella condizione avere la forza e la voglia di cantare? Continuai a distribuire la terapia ai pazienti ma la mia testa rimaneva a quella ragazza che nel mezzo della notte canticchiava una canzone.
Non conosco il testo della canzone ma nella mia testa era come se continuasse a ripetermi, coraggio, la vita è bella!!!!!
E’ questo quello che Josephine ci ripete ogni giorno, quando ci guarda con i suoi occhi pieni di gioia, quando canta serenamente, quando ci chiama per salutarci.

Josephine avrebbe bisogno di una lunga degenza per la riabilitazione e la cura delle piaghe da decubito ma purtroppo la sua famiglia non è in grado di sostenere tutte le spese.  
E’ per questo che Josephine si rivolge alla generosita’ dei lettori del blog. Naturalmente non sara’ mai mandata via dal Cottolengo Mission Hospital per motivi di soldi, ma se qualcuno volesse sostenerla, magari anche formando una catena di solidarieta’, potrebbe mandare il suo contributo tramite la Associazione. Per lei si spendono circa 5 Euro al giorno.
A nome di Josephine, un grazie anticipato

Mirella, Daniela, Giulia

PS NELLA FOTO DI GRUPPO, INSIEME A NOI E JOSEPHINE DI CUI ABBIAMO PARLATO OGGI, VEDETE ANCHE JOSPHINE LA RAGAZZA DIABETICA CHE PURTROPPO E’ NUOVAMENTE RICOVERATA PER SCOMPENSO GLICEMICO GRAVE E PER PROBLEMI RENALI. ANCHE LEI E’ UNO SPLENDORE DI SERENITA’ NONOSTANTE LA SITUAZIONE DRAMMATICA.

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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