lunedì 23 agosto 2010

Josphine è morta... una notizia sconcertante


Era stata ricoverata nuovamente alcuni giorni fa per scompenso glicemico e per edema generalizzato. Nonostante i nostri sforzi non riuscivamo pero’a riportare la glicemia a livelli accettabili. Alla faccia delle dosi massicce di diuretici, la quantita’ di urina non e’ mai tornata a livelli soddisfacenti.

Comunque ieri Josphine stava benissimo anche se la vedevo ancora assai gonfia. Mi ha confidato di sentirsi in forma smagliante.

Si e’ fatta fotografare con le volontarie, come avete visto sul blog.

Alla Messa domenicale con gli altri pazienti ha cantato il salmo da solista, mentre sua sorella Millicent ha fatto la prima lettura. Ha passato una giornata direi ‘super’, pur assomigliando ad un “pallone gonfiato” a causa dei reni malfunzionanti. Non avrei mai creduto che le sue brillanti condizioni psicofisiche fossero in realta’ il suo ‘canto del cigno’: l’ho vista per l’ultima volta alle ore 22.30 in reparto. E’ venuta lei a cercarmi. Camminava bene e non sembrava particolarmente sofferente. Si e’ avvicinata a me e mi ha detto che si sentiva gonfiare di piu’.

Ne ho parlato con Antonio, e ci siamo sentiti impotenti. Infatti, nonostante il follow up insulinico, anche oggi la sua glicemia era cosi’ elevata da essere indosabile per la nostra macchinetta; la quantita’ di urina nell’arbarella vicino al suo letto cosi’ minima da indurci a credere che i diuretici funzionassero per lei piu’ o meno come acqua fresca. Inoltre il suo potassio stava salendo in modo lento ma costante da alcuni giorni (ieri era giunto a 7).

Ho messo una mano sulla spalla di Josphine, e le ho detto che avremmo modificato la sua terapia... Questo e’ bastato per tranquillizarla. Abbiamo prescritto dell’insulina pronta in infusione continua, insieme a del lasix endovena. Non avrei mai creduto che quella fosse l’ultima volta in ci ci parlavamo.

Josphine e’ trapassata durante la notte alle 2 , e la notizia mi ha raggiunto questa mattina subito dopo la Messa: James Tharamba, l’infermiere della notte, mi ha confidato che il cambiamento delle sue condizioni generali e’ stato cosi’ repentino che non ha avuto il tempo di chiamarmi.

Sua sorella Millicent era al lavoro oggi, e, con una compostezza che e’ propria solo delle donne africane, mi ha chiesto il permesso di andare a casa per preparare tutto quello che sara’ necessario per il funerale.

La dipartita di Josphine mi lascia un enorme vuoto interiore ed una profonda depressione. La conosco e la seguo da anni. Il nostro rapporto era cosi’ confidenziale che lei mi chiamava ‘daddy’ (in inglese papalino). Sono stato per lei non solo un medico, ma anche un amico. A volte ho avuto pure un ruolo da quasi-genitore adottivo, tutte le volte in cui lei si sentiva di peso per la famiglia a motivo dell’aggravio economico rilevante che la sua malattia comportava per i suoi cari... i quali spesso e volentieri glielo facevano pesare.

Quante volte Josphine mi ha chiesto un lavoro, perche’ voleva staccarsi completamente dai suoi, per non sentire piu’ quelle parole che tanto la facevano soffrire: “costi troppo... abbiamo anche i nostri figli a cui pensare; come facciamo a comprarti le medicine ed a pagarti l’ospedale?” Trovarle un lavoro per me non e’ stato possibile; era infatti troppo fragile e malaticcia. Ma le ho trovato degli angeli custodi a Roma, i quali con forte partecipazione emotiva, hanno compreso il suo problema e se ne sono fatti carico. Josphine non ha piu’ dovuto pagare i farmaci grazie al gruppo di Roma; e questo ha portato ad un miglioramento anche nel suo nucleo familiare. Ricordo la gioia da lei provata quando le consegnai il regalino degli amici romani! Lo sapevo che la vita di Josphine sarebbe stata breve e che forse non sarebbe mai riuscita a sposarsi e ad avere dei figli... anche se questo era il suo sogno piu’ importante. Ma non mi sarei mai immaginato che ci avrebbe lasciato cosi’ presto, e soprattutto cosi’ repentinamente!

E’ la seconda volta che vedo morire all’improvviso una bambina che mi chiama papa’. Prima di lei era stata la volta di Stella. Pure lei era passata a miglior vita mentre io ero impegnato, e non avevo potuto essere presente al suo trapasso, nonostante abbia chiamato il mio nome fino all’ultimo minuto.

La morte di Josphine mi fa star male. Avrei voluto salutarla; avrei voluto starle piu’ vicino e darle piu’ tempo... ma la vita e’ cosi’.

Aveva 20 anni, ed ora e’ gia’ in Paradiso. Quanto e’ strana e quanto e’ ingiusta a volte la vita! Se fosse nata in Italia, certamente oggi sarebbe viva, anche se sarebbe probabilmente condannata a portare un microinfusore di insulina sotto la maglietta... un microinfusore per altro ‘passato’ gratuitamente dal sistema sanitario nazionale. Ma Josphine e’ nata a Chaaria; a casa non aveva un frigo dove conservare l’insulina, e qualche volta stava pure senza farmaco per problemi economici. Il diritto alla salute e’ ancora estremamente frammisto ad elementi legati all’economia ed alla latitudine.

Fr Beppe

2 commenti:

Anonimo ha detto...

it is so sad but you have shaped her life and assisted her without boundaries. Nothing else you could have done.
Rose Mwendwa

Anonimo ha detto...

"LORD,WHEN MY SOUL IS WEARY AND MY HEART IS TIRED AND SORE,AND I HAVE THAT FAILING FEELING THAT I CAN'T TAKE IT ANYMORE,THEN LET ME KNOW THE FRESHENING FOUND IN THE CHILDLIKE PRAYER WHEN THE KNEELING SOUL KNOWS SURELY THAT THE LISTENING LORD IS THERE".
LYDIA


Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


Guarda il video....