venerdì 27 agosto 2010

Home... sweet home


Oggi abbiamo salutato I quattro volontari del mese di agosto.
Nella foto li vedete insieme a Sr Makena all’estrema sinistra, e a Daniela all’estrema destra.
Da sinistra essi sono Mirella, Giulia, Umberto e Andrea.
Ringraziamo ognuno di loro personalmente per il grande apporto donatoci nelle ultime tre settimane.
Ringraziamo di cuore Mirella ed Andrea per essersi presi cura dei reparti e per aver supportato il non facile compito di Antonio nel tener testa ad un numero sempre crescente di pazienti gravissimi e bisognosi.
Ringraziamo Giulia per la sua presenza discreta e silenziosa e per il prezioso lavoro svolto al fianco di Mercy nel settore odontoiatrico.
Diciamo il nostro grazie sentito a Umberto che ci ha insegnato un po’ di radiologia e ci ha dato qualche strumento in piu’ per la lettura delle lastre dei nostri malati. Lo ringraziamo per il lavoro di ecografista che per tre settimane ha alleggerito fr Beppe ed il Dott Ogembo del lungo lavoro nel settore della diagnostica per immagini.
A Giulia esprimiamo la nostra gioia per il fatto che ha deciso di tornare ancora (i volontari recidivi sono sempre per noi un incoraggiamento, perche’ dimostrano che la volta precedente si erano trovati bene con noi).
Ad Umberto ed ai giovani medici Mirella e Andrea auguriamo di poter tornare ancora in quanto la seconda volta e’ sempre piu’ facile della prima, avendo gia’ preso le misure della nostra situazione ed avendo anche preso coscienza delle patologie tropicali, di necessita’ diverse da quelle incontrate in Italia.

La comunita’ di Chaaria



PS: COMMOZIONE E GRANDE PARTECIPAZIONE DELLO STAFF DELL’OSPEDALE AI FUNERALI DI JOSPHINE CHE SI SONO TENUTI OGGI NELLA CASA PATERNA A DRARUGA, NEI PRESSI DI CHAARIA MARKET.

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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