martedì 3 agosto 2010

Josphine Kawira

E’ finita la scuola. Ora staro’ da mia sorella a Kathwene per due settimane, dopodiche’ rientrero’ nuovamente per le lezioni di ripasso e per i compiti delle vacanze.
Sto crescendo e sono quasi una signorina.
Porto le trecce lunghe perche’ ho molta vergona delle cicatrici sul mio collo, che mi ricordano un evento che vorrei cancellare dal mio passato.
Anche i soldi per la pettinatrice, cosi’ come quelli del mezzo di trasporto per andare a casa, mi giungono da Francesco Bevilacqua che ancora ringrazio e per cui offro a Dio la mia preghiera.
Come sapete la mia storia e’ molto triste (e’ stata scritta sul blog a fine dicembre 2007). A tutto questo si aggiunge la morte del mio papa’ nel 2009. Ora mi sono rimaste due sorelle gia’ sposate, le quali pero’ non hanno grosse possibilita’ economiche per il mio sostentamento.
Dio benedica tutti i nostri benefattori.

Josphine Kawira

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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