Sembrava una calda giornata come le altre, l’attività frenetica della sala operatoria proseguiva come una macchina collaudata e ben oliata; i cesarei si succedevano al ritmo costante di tre o quattro come ogni giorno, con qualche pausa per dalle isterectomie e dagli altri interventi in urgenza che richiedevano la nostra attenzione. Per fortuna a darmi una mano c’era un grande ginecologo che con perizia e capacità conduceva le attività della sala liberandomi dalle incombenze ginecologiche che l’anno precedente avevano costituito buona parte della mia attività in sala.
In tarda mattinata, dopo una isterectomia, veniamo avvisati che una ragazzina di circa 15 anni incinta e quasi a termine aveva necessità di un cesareo perche il nascituro aveva dei problemi gravissimi e il battiti erano ormai quasi impercettibili per una importante bradicardia.
Il ginecologo dopo una accurata visita, decide per un cesareo immediato. Jessie, l’anestesista inizia le manovre per l’anestesia spinale mentre la ragazzina sempre più agitata e sofferente si stava collassando. Giusto il tempo di approntare un carrello per le emergenze e dare una lavata alla sala operatoria e siamo pronti per un ennesimo intervento d’urgenza. La ragazzina molto esile di corporatura, con un bacino molto stretto non sarebbe mai riuscita a partorire spontaneamente sia per la notevole discrepanza feto bacino che per una presentazione podalica.
Nonostante le condizioni della paziente, il ginecologo pur essendo molto stanco e provato per i precedenti interventi e per il notevole caldo della piccola sala operatoria iniziava l’intervento coadiuvato da me e assistito dalla ormai celebre ferrista di Chaaria.
Dopo l’apertura del peritoneo e isolamento dell’utero il ginecologo delinea il punto di incisione dell’utero, che rimane molto sollevato rispetto a tutti gli altri visti fino a quel momento. Una volta effettuata l’incisione ecco che appare un piede dalla breccia uterina, immediatamente abbandonato il bisturi il ginecologo cerca d’infilare la mano dentro l’utero per afferrare l’altro piede e estrarre il feto, ma i tentativi vanno a vuoto, si cerca di allargare la breccia per estrarre il feto ma inutilmente, , si rivolta il feto e spingendo ed esercitando trazione finalmente si riesce a estrarre il bambino cianotico e con ben due giri di cordone ombelicale intorno al collo. Una volta affidato il neonato alle infermiere che di corsa escono dalla sala per rianimare il piccolo e mentre Jessie disperato continua l’assistenza alla mamma ormai collassata e pratica dei farmaci per facilitare la contrazione dell’utero, ci si rende conto che l’utero della ragazzina praticamente staccato, tenuto in loco solo da esigue benderelle di tessuto. Sicuramente le manovre durante il rivoltamento e la scarsa consistenza dell’utero di una ragazzina di 15 anni hanno contribuito a allargare la breccia sull’utero in maniera esagerata. Il ginecologo con perizia cerca di ricostruire i vari piani e ripristinare la continuità anatomica tra utero e vagina.
Ogni tanto in sala operatoria si affaccia Beppe preoccupato per la salute della ragazzina che aveva visto in precedenza. La ragazza abitava proprio li a Chaaria ed era la figlia di persone influenti, che adesso aspettavano ansiosi l’esito dell’intervento.
All’occhio esperto di Beppe e dello staff subito era apparsa chiara la situazione, non solo era in pericolo di vita il bambino ma anche la madre.
Anche durante l’intervento, vista la notevole perdita di sangue e la difficoltà del cesareo, il volto di Beppe tradiva l’ansia e la preoccupazione, solo poche parole dette a fil di voce tra una preghiera e l’altra e udite a stento perché coperte dal rumore costante dell’aspiratore hanno colpito le mie orecchie:” vi prego fate il possibile per salvarli entrambi”.
Intanto da fuori la notizia che il bambino estratto privo di vita, aveva iniziato a reagire, ci ha confortato, e caricato il ginecologo di un cauto ottimismo.
Le agili dita del ginecologo continuavano l’opera di ricostruzione, e finalmente dopo un tempo lunghissimo si riesce ad avere ragione dell’emorragia e ricostruire i piani anatomici.
La giovane in evidente stato anemico viene sottoposta a trasfusione di sangue.
Ma... durante la serata, mentre convinti di aver terminato in gloria la nostra dura giornata di lavoro, ci avvertono che la nostra piccola paziente non sta tanto bene, continua a perdere sangue ed è fortemente instabile, la pressione, non riesce a stabilizzarsi.
Quando arrivo, al capezzale della paziente c’era già Beppe e il ginecologo. La ragazza è in stato di shock, l’ecografia conferma una notevole presenza di sangue nell’utero e nel peritoneo.
L’anestesista non c’è e Beppe come di solito succede in questi casi si prepara per sedare la paziente e praticare la spinale.
Nella piccola sala operatoria la tensione e palpabile, la vita della giovane è appesa ad un filo, le numerose trasfusioni non hanno impedito che si andasse incontro ad uno stato di shock. La pressione ormai impercettibile e il caldo opprimente della sala non ci favorisce, ancora prima di iniziare siamo tutti in un bagno di sudore.
Con evidente trepidazione ad un cenno di Beppe iniziamo l’intervento, consapevoli del fatto che ogni istante perso diminuivano le probabilità di salvezza della ragazza.
L’apertura della cavità addominale ci conferma quello che già sapevamo, un emoperitoneo imponente con infarcimento cospicuo di sangue dell’utero e della vagina. Si procede alla pulizia e svuotamento del sangue, ma non si riesce a trovare la fonte del sanguinamento. Si procede allora all’isolamento dell’utero e si pratica una isterectomia.
Quando finalmente terminiamo, Beppe che ci ha costantemente informato delle condizioni cliniche della paziente, ci comunica che iniziano a notarsi degli impercettibili segni di ripresa e che la pressione inizia a risalire.
Per la cronaca la ragazza si è stabilita e sta bene tanto che è stata dimessa.
Nelle giornate successive, ho visto scorrere come capita in questi casi, tutte le varie fasi dell’intervanto, e probabilmente a distanza di tempo ho capito cosa può essere successo.
La prima incisione non è stata effettuata nell’utero ma nella parte alta della vagina, di conseguenza il ginecologo durante la manovre di rivoltamento e di estrazione, infilando la mano nel collo dell’utero inestensibile ha praticamente strappato l’utero dalla vagina che è rimasto appeso solo con due benderelle di tessuto.
Il resto è storia.
Un Volontario, Rinaldo.
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