martedì 28 settembre 2010

Vi presento Julia

Julia e’ di Chaaria. Ha 30 anni; anche lei sin dalla sua infanzia e’ affetta da diabete giovanile, ed ha gia’ sviluppato la terribile complicazione del piede diabetico.
Purtroppo non siamo riusciti a salvarle l’arto, ed una settimana fa l’ abbiamo amputata sotto il ginocchio.
Pure Julia ha avuto da sempre problemi con il controllo glicemico in quanto l’insulina e’ sempre stata troppo costosa: la sua famiglia gliela comprava solo quando poteva permetterselo.
I continui alti e bassi della glicemia, come tutti sappiamo, sono ancora piu’ pericolosi di un livello glicemico costantemente elevato... ed ecco perche’ alla sua eta’ gia’ siamo giunti all’amputazione.
Abbiamo anche preoccupazioni fondate riguardanti la sua vista, in quanto si e’ instaurata una retinopatia diabetica... ma proporle il laser a Nairobi e’ fuori discussione perche’ troppo costoso.
Anche ora in ospedale il controllo del diabete e’ precario. La glicemia e’ estremamente “ballerina”, e Julia ha momenti di ipo, seguiti da estrema iperglicemia.
Il suo problema e’ che spesso rifiuta di mangiare, sia perche’ e’ stufa della dieta per diabetici (qui costituita da fagioli e verdura verde), sia perche’ a volte e’ indebolita dalla febbre.
La ferita post-operatoria va cosi’ cosi’, anche a causa della glicemia che notoriamente ritarda i processi di cicatrizzazione; ma abbiamo buona speranza che si rimagini bene, anche se con tempi ritardati.
Pure Julia ringrazia il gruppo del “fondo per diabetici”, che si prendera’ cura delle spese della sua terapia insulinica.

Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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