Tradizionalmente settembre e’ il tempo del baby boom qui in Kenya.
Le ragioni le sappiamo e sono ovvie: anche da noi succedeva questo, quando i nostri nonni emigravano dal Sud verso Torino per lavorare alla FIAT; o quando addirittura partivano per la Germania.
Di soldi ce n’erano pochi e l’unico mezzo di trasporto alla portata della classe operaia era il treno (i voli low cost dovevano ancora essere pensati). Viaggi lunghi e costosi per le magre finanze del tempo.
Per questo spesso i nostri nonni migravano da soli lasciando a casa le famiglie, e tornavano raramente, quando c’era un po’ di vacanza. E le vacanze natalizie sono sempre state presenti nella nostra Europa cristiana. I nonni rientravano dalle mogli, e dal loro amore venivano concepite molte nuove vite che poi vedevano la luce nove mesi piu’ tardi, verso settembre appunto.
Anche qui e’ cosi’.
Solo che quest’anno, forse a motivo della ‘luna’, pare che il baby boom sia iniziato gia’ da almeno due settimane.
La sala parto e’ sempre occupata da due o tre partorienti, e spesso anche il mio studio si traforma in sala travaglio.
Naturalmente, insieme ai parti naturali, sono in aumento anche i cesarei, e questo rende settembre un mese molto duro.
Ci sono giorni in cui contiamo anche quindici parti naturale. La media di cesarei per le ultime due settimane e’ stata di circa quattro al giorno, compresi i week end.
Anzi, per un dato statistico che non riesco a spiegare, durante i fine settimana il numero di tagli cesarei e’ decisamente elevato.
L’altra cosa che le ostetriche probabilmente conoscono bene e’ che le donne partoriscono piu’ di notte che di giorno.
Una volta una volontaria mi ha dato una spiegazione ‘filogenetica’ di questo fatto. Tale spiegazione mi e’ sembrata assai suggestiva anche se non ne ho verificato la scientificita’.
Lei mi diceva che le donne hanno piu’ frequentemente di notte quei cambiamenti ormonali che scatenano il dolori del travaglio, perche’ nottetempo c’e’ piu’ privacy, piu’ calma, e quindi il parto piu’ naturalmente puo’ essere un evento delicato e protetto dal silenzio, dal buio e dall’assenza di persone importune. Secondo lei questi cicli ormonali risalgono ai tempi in cui anche gli esseri umani vivevano in caverne o su palafitte, e spesso dovevano partorire all’aperto.
La spiegazione e’ suggestiva ed emozionante, ma, qualunque ne sia la ragione, e’ un dato di fatto che la maggior parte dei parti avvengono di notte... e quindi purtroppo anche la grande maggioranza delle complicazioni che richiedono un intervento chirurgico urgente.
L’ora piu’ classica e per me piu’ micidiale e’ quella che va dalle 2 alle 3 di notte. Moltissime sono le chiamate a quell’ora, che e’ la peggiore per uno che lavora anche di giorno e magari ha finito la sera precedente a mezzanotte.
Anche se il cesareo termina in un’ora, le scariche di adrenalina provocate dall’emergenza e da tutte le difficolta’ che un’operazione notturna puo’ comportare (dall’assenza dell’anestesista, ad una eventuale emorragia, ad un possibile arresto respiratorio da spinale), fanno si’ che, ritornando a letto, non si riesca in alcun modo a riprendere sonno fino al mattino quando ormai e’ ora di alzarsi e di andare a pregare.
Pero’ capisco anche le infermiere della notte: se una donna arriva verso le 5, lo so che lo staff tentera’ di fare qualcosa per lei fin verso le 5.45 almeno, in quanto sanno che quello e’ comunque il tempo della levata per me.
Ma se una mamma giunge alle 2, il rischio dell’attesa e’ troppo elevato, e quindi esse fanno benissimo a chiamare, anche se umanamente mi lamento perche’ sono molto stanco.
Ritardare a chiamarmi poi sarebbe quasi criminale per il fatto che molte partorienti vengono da lontanissimo, ed hanno gia’ tentato inultilmente di partorire a domicilio.
E’ il caso della notte scorsa quando abbiamo fatto un cesareo alle 4.30, ed abbiamo salvato il bambino per il rotto della cuffia, in quanto la donna era stata in travaglio a casa sua per quasi due giorni, e poi si era messa in viaggio da Mukothima varie ore prima.
Per cui le cicogne che portano tanta gioia in molti focolari domestici, ci arrecano anche un surplus di lavoro che ci sta tendendo allo stremo... ma devo essere onesto nel dire che lavorare per dare alla luce un bambino sano e’ comunque uno degli aspetti piu’ gratificanti del nostro servizio a Chaaria.
Fr Beppe Gaido
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