giovedì 21 ottobre 2010

Chaaria: un pezzo della mia vita



Sono all’aeroporto e l’attesa per l’aereo che mi riporta in Italia è lunga. Ne approfitto per mettere ordine nei ricordi delle cose vissute in questo mio ultimo viaggio a Chaaria. Ho ancora vive nella mente le immagini del trasferimento a Nairobi di quest’oggi. La fioritura lilla degli alberi di jacaranda, le donne chinate sui panni all’acqua del fiume, il lavoro ritmico degli scalpellini nelle cave di pietra, i mercatini lungo la strada che si mimetizzano con la terra rossa, i bassi fabbricati dai colori improponibili, le risaie, le piantagioni di té e di ananas. Immagini già viste, ma che mi emozionano ogni volta che le rivedo e il cui ricordo solitamente mi accompagna nelle mie giornate “normali ”. Tutto questo è già molto, ma c’è molto di più.
C’è l’amicizia di Beppe, un’amicizia caparbiamente da entrambi mantenuta negli anni nonostante le difficoltà e che adesso, invecchiati e maturati, ci sostiene e ci aiuta ogni giorno, anche a migliaia di chilometri di distanza, certi che è più importante quello che siamo di quello che gli altri pensano di noi. Anche perché quello che siamo oggi non è quello che eravamo ieri, in un continuo sforzo per rimotivarci ogni giorno e ogni giorno ripartire, con qualche ammaccatura in più e un po’ di entusiasmo in meno, ma con la certezza che non possiamo permetterci di buttare tutto all’aria.
C’è la testimonianza di altri volontari come me, giovani e meno giovani, la cui accettazione e disponibilità mi hanno fatto capire di avere molta strada ancora da fare in tal senso.
C’è fratel Lodovico, la cui presenza silenziosa ricorda a tutti che la “gioventù è una malattia che passa” e che bisogna dignitosamente vivere le proprie idee anche quando le forze ti abbandonano.
C’è la comunità, la preghiera, la messa in lavanderia con i buoni figli o in parrocchia con i ragazzi della scuola, al ritmo delle percussioni.
C’è la dentist room alla quale si è data una nuova impostazione di base e che mi ha già permesso (il completamento avverrà a breve) di lavorare molto meglio che in passato, di poter fare più conservativa e di aumentare la mia professionalità. Perché alla fine si impara sempre qualcosa anche a Chaaria o in situazioni analoghe dove i dentisti benpensanti credono non si possa imparare nulla. D’altro canto la domanda di cure dentali è tale che la mia presenza si è rivelata palesemente inadeguata e insufficiente. L’attuale studio ci permette ora di lavorare su due poltrone contemporaneamente e la presenza di un dentista volontario oltre a Mercy garantirebbe una migliore risposta a questa domanda. Questo senza contare che fino a febbraio è ancora emergenza per la maternità di Mercy e la cordata di dentisti approntata, lascia ancora scoperto completamente il mese di gennaio.

CHISSA’ SE TUTTO QUANTO HO QUI ELENCATO STIMOLERA’ QUALCHE COLLEGA A DARE UNA MANO ALLA GENTE DI CHAARIA?

Hanno annunciato il gate e devo andare. Domani sarò a casa e lunedì in studio. La mia famiglia mi ha perso in questo periodo, ma la lontananza accettata e valorizzata ci ha fatto crescere tutti. Il mio studio ha fatturato un po’ di meno, ma io ho guadagnato un sacco di cose: tutte quelle che vi ho detto.

Enrico Postini

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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