venerdì 8 ottobre 2010

E' crollata la ciminiera

Qui a Chaaria e’ un po’ come per il Duomo di Milano. Non puoi stare un giorno senza una impalcatura o senza muratori.
Stavolta si tratta dell’inceneritore. L’eccesso di calore ha indebolito il lungo comignolo, in parte fatto di lamiera.
Il laminato si e’ assottigliato, arrugginito e bucherellato, fino a diventare una struttura instabile a rischio di cadere sulla testa di coloro che sono addetti all’incenerimento dei rifiuti.
E’ stato quindi necessario agire con ungenza.
Al momento stiamo “bruciando” in una fossa ricavata direttamente nel terreno, ed i muratori stanno rifacendo la lunga ciminiera, stavolta completamente in materiale refrattario.
Tale comignolo deve essere assai elevato in quanto, come sapete, il complesso di Chaaria e’ costruito sul pendio di una collina, ed il fumo tende quindi a raggiungere le finestre della comunita’ e dei Buoni Figli, a meno che sia emesso molto in alto.
Purtroppo, con una media di 70.000 pazienti all’anno e 50 handicappati residenti, l’impatto ambientale del nostro Centro, sia per quanto riguarda i fumi, sia per quanto riguarda le acque, non e’ affatto indifferente.
Come potete vedere, le impalcature sono a norma di legge... per la 626 sulla sicurezza. Se guardate bene la foto, vi rendete conto che ci sono due muratori alla sommita’ della torre fumaria... Dio solo sa come han fatto a salirci e come possano non cadere. Ci lavorano tutto il giorno.
La spesa per questa ristrutturazione urgente e’ sostenuta completamente con i magri introiti della Missione.
Ci auguriamo che i lavori possano essere terminati prima dell’inizio delle grandi piogge, previsto per il 15 ottobre.
Ringraziamo Dio anche per questo piccolo tassello nella manutenzione di Chaaria.

Fr Beppe Gaido





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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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