lunedì 8 novembre 2010

I volontari siciliani al Parco del Samburu



Sono partiti ieri alle 5 del mattino nonostante le condizioni proibitive del tempo atmosferico: pioveva infatti a dirotto.
John e’ venuto a prenderli con una Land Rover capace di affrontare le dure condizioni delle nostre strade in caso di pioggia.
Al Samburu non ha piovuto ed hanno potuto godere le immagini mozzafiato che la natura africana puo’ offrire.
Hanno contemplato tanti animali; hanno respirato il sapore della savana con i suoi spazi sconfinati; hanno goduto del silenzio infinito della natura incontaminata.
Credo che la gita al parco aiuti moltissimo i volontari ad uscire dalla routine pesante di Chaaria in cui il lavoro non finirebbe mai.
Vincenzo invece e’ stato con me in una giornata dura, segnata da due cesarei, e da tanto lavoro, in quanto oggi ho perso il mio braccio destro per i reparti: infatti, mentre gli altri volontari partivavo per il safari, il Dr Pierantonio Visentin e’ ritornato in Italia per due settimane. Ne sentiro’ la mancanza in maniera acuta soprattutto nella gestione del dipartimento di medicina generale.
Cerchero’ di fare del mio meglio, anche se so che non riusciro’ ad arrivare a tutto.
Purtroppo in questo momento anche Jesse (il nostro anestesista) e’ assente in quanto malato e bisognoso di un intervento chirurgico.
Pure il dott Ogembo si prepara  lasciarmi, per godere del meritato periodo di ferie.
La sua assenza si prolunghera’ fino al 27 dicembre.
Ma nonostante tutto, con l’aiuto di Dio e dei volontari, cercheremo di farcela.

Fr Beppe Gaido



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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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