Ieri sera, come ogni mercoledi’, stavo guidando verso Meru per andare all’ordine dei medici ad ascoltare una lezione. Sapevo che mi sarei sorbito una “pappardella” sulle linee guida per l’uso dei farmaci antiretrovirali in gravidanza e nel periparto.
Tra me pensavo che ci andavo solo per i punti ECM, perche’ questo argomento ormai mi esce dalle orecchie e dagli occhi.
Era ormai buio perche’, con la sala operatoria, ero partito in grave ritardo.
Al mio fianco il nostro fedele autista Joseph.
Eravamo ormai nei pressi di Meru quando di fronte a noi si e’ parata una scena strana: un sacco di fari posteri di automobili disposte in modo disordinato sull’asfalto.
Io mi sono avvicinato con circospezione ed ho iniziato a rendermi conto che doveva trattarsi di un incidente. C’erano pezzi di legname un po’ dovunque, auto ferme, ed un sacco di curiosi.
Tutti vociavano animatamente e guardavano nella stessa direzione: siamo scesi ed abbiamo visto un asino morto sull’asfato. Accanto alla povera bestia dei pezzi di quello che era stato un carretto di legno.
Nel fosso a fianco della strada c’era un’automobile da cui l’autista era gia’ stato estratto. Era confuso ma non sembrava grave.
Invece sull’asfalto c’erano due uomini in condizioni terribili. Urlavano di dolore e, grazie ai fari delle automobili, si riusciva a vedere che avevano fratture multiple e lacerazioni tremende del volto.
Davanti a questo girone infernale, la voce del diavolo in me si e’ messa a parlare con forza: “Beppe, non farti coinvolgere. La polizia non e’ ancora arrivata. Poi, se li tocchi, diranno che li hai ammazzati tu, o che magari l’incidente lo hai causato tu stesso. Sai com’e’: si tenta sempre di spillare i soldi ad un bianco”.
Questa vocina interiore era attraente; avrei potuto andarmene ed avrei potuto far finta di non vedere nulla; in fondo, la polizia sarebbe arrivata ed avrebbero deciso per il trasporto a Meru. Eravamo cosi’ vicini alla citta’ che l’ipotesi di portarli a Chaaria sarebbe stata insostenibile. Inoltre noi non abbiamo una chirurgia ortopedica, e questi malcapitati avevano fratture che certo necessitavano di infissi, chiodi e cose del genere.
Pero’ il mio angioletto custode si e’ pure fatto sentire a sua volta: “ma come fai a lasciarli qui! E se poi muoiono dissanguati? Dicano quel che vogliono, ma tu hai almeno un testimone a tuo favore. Anche se ti accusano, Joseph puo’ testimoniare che tu non eri qui al momento dell’incidente”.
La vocina interiore si e’ fatta via via piu’ forte e mi ha convinto progressivamente, usando l’arma del senso di colpa: “mi sentirei davvero una ‘merda’, se me ne andassi... e certamente non riuscirei piu’ a dormire, anche perche’ sarebbe poi molto difficile che qualcuno mi venga a dire come stanno i malati, se hanno raggiunto l’ospedale, se ce l’hanno fatta a sopravvivere. E poi sono un medico. Ho promesso che non avrei fatto nulla che potrebbe danneggiare la vita. Ho giurato che mi sarei sempre fatto avanti in caso di calamita’ ( e non era una calamita’ questa per quei poveri malcapitati?), e che non avrei negato il primo soccorso a nessuno... e poi c’e’ anche un risvolto puramente legale: e’ vero che mi potrebbero accusare di cose che non ho fatto… ma se me ne vado, l’omissione di soccorso sara’ un dato di fatto, e, se finisco in carcere, sara’ per una giusta ragione”.
A questo punto il dado era tratto.
“Joseph, caricali in ambulanza. Io telefono a Meru e spero di trovare qualcuno che conosco”.
“Ci sono solo guanti di lattice in ambulanza. Come facciamo per la tua allergia?”
“Io li carico senza guanti. Dio mi aiutera’ anche per l’HIV!”
Afferrare quei corpi doloranti e deformi a causa delle multiple fratture; sentire lo scricchiolio delle ossa che si spostano ad ogni minimo movimento; osservare le smorfie e sentire le urla di quelle bocche lacerate, e’ stata un’esperienza da accapponare la pelle.
Abbiamo caricato anche l’autista dell’autovettura ed un testimone che ha accettato di scrivere la versione dei fatti per le autorita’.
A questo punto Joseph mi ha offerto una bottiglia d’acqua ed uno straccio, ed io mi sono lavato le mani alla bell’e meglio.
Abbiamo inserito sirena e lampeggiante, e siamo “volati” verso l’ospedale.
Guidava Joseph, mentre io cercavo di telefonare. Fortunatamente la persona che cercavo era al lavoro:
“Judy, prepara le barelle, stiamo entrando in Meru a sirene spiegate!”
Sono stati momenti convulsi. Le urla di dolore si sono ripetuti mentre noi scaricavamo i feriti sulle barelle; ma Judy ha fatto veramente miracoli per noi. Siamo stati assistiti in fretta, ed il ricovero e’ avvenuto a tempo record.
Mentre mi lavavo nuovamente e mi preparavo per andare a sorbirmi gli ultimi 45 minuti di “pizza” sulla terapia antiretrovirale, un grande senso di pace entrava nel mio cuore.
Avevamo fatto quello che era giusto. Andarsene sarebbe stato codardo e criminale.
“Sei stato coraggioso. Avevo paura che poi ti creassero problemi; ma ora sono contento che tu abbia deciso di trasportarli”, mi ha confidato Joseph, mentre si toglieva i guanti di latex.
“Ho temuto anche io, ma so che era la decisione giusta. A proposito: hai capito cosa sia successo?”
“Ho ascoltato le chiacchiere della gente: questo carretto senza fanali e senza catarifrangenti procedeva a passo d’uomo verso Meru. Il matatu, fortunatamente vuoto, non l’ha visto e lo ha investito da dietro a velocita’ sostenuta, distruggendolo, scaraventando i passeggeri sull’asfalto, uccidendo l’animale da soma, e poi finendo nel fosso”
“Mah, speriamo solo che sopravvivano. Io sono convinto che ho deciso per il meglio, ed in futuro non avro’ piu’ dubbi. Meglio sbagliare facendo il bene che essere tormentato dai rimorsi per aver omesso un atto dovuto, solo per codardia”.
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