mercoledì 1 dicembre 2010

World's AIDS day

Il 1 dicembre e’ la giornata mondiale per l’AIDS. E’ una ricorrenza importante per tenere desta l’attenzione su un problema che continua a devastare il mondo intero, distruggendo giovani famiglie, creando un numero altissimo di orfani, e generando sofferenza e stigmatizzazione.
Per noi che viviamo e lavoriamo in Africa, dove il peso della pandemia e’ maggiore, oggi e’ anche un giorno di speranza, perche’ molte cose sono cambiate negli ultimi 10 anni, e finalmente possiamo cominciare a guardare al futuro con un certo ottimismo.
I dati del 2010 sono incoraggianti: in 22 Nazioni dell’Africa Subsahariana si registra un declino di incidenza dell’HIV del 25% rispetto al 2001. La media di prevalenza nazionale dell’infezione in Kenya e’ oggi del 6.3%, rispetto all’8.4% del 2001. Si pensa che la riduzione del numero di morti per patologie legate all’HIV sia ridotto in Kenya del 33.3% sempre rispetto al 2001 (USAIDS Report on Global AIDS epidemic 2010).
Generalmente le donne sono colpite dalla malattia piu’ degli uomini: 8% di femmine rispetto al 6.3% di maschi (KHHS 2008/9).
Si ritiene che la percentuale di Kenyani che nel 2010 accetta il test HIV quando viene loro proposto sia del 70.5%. Per quanto riguarda invece la trasmissione materno-infantile durante gravidanza, parto ed allattamento l’incidenza per il 2010 sarebbe del 10.5% (dati da “daily nation”, 1/12/2010).
Se pensiamo che nel 1998 non avevamo alcuna possibilita’ terapeutica, ora possiamo veramente gioire dei traguardi ottenuti, anche se molto rimane ancora da fare.
Per quanto riguarda Chaaria, i servizi per i pazienti immunocompromessi si sono via via affinati e perfezionati. Al momento attuale siamo in grado di offrire a tutti il test in modo completamente gratuito.
Abbiamo un sanitario impegnato a tempo pieno in questo settore e tre counselers per le attivita’ di sostegno psicologico.
Proponiamo l’esame a tutti, e poi naturalmente lasciamo al singolo la completa liberta’ di decidere se accettare o meno. Prima di dare un risultato positivo ad una persona, ripetiamo il test con tre metodi differenti per ridurre il piu’ possibile la possibilita’ di falsi positivi. Abbiamo un servizio di counseling che ha il compito sia di introdurre il cliente al significato di un esame HIV, sia soprattutto di sostenerlo nel momento in cui ricevera’ una brutta notizia. Il counseling viene poi ripetuto ad ogni visita successiva per cementare e rafforzare la aderenza a regimi terapeutici non facili, soprattutto a casusa degli effetti collaterali.
Oggi possiamo somministrare farmaci antiretrovirali gratuitamente, in quanto ci vengono offerti dal ministero della sanita’ keniano. Inoltre la comunita’ Sant’Egidio di Roma ci sponsorizza per l’esecuzione dei CD4, tanto importanti per decidere quando iniziare la TARV (terapia antiretrovirale).
Dall’inizio del 2008, in collaborazione con il governo del Kenya, possiamo anche eseguire PCR (Protein Chain Reaction) per la determinazione dell’ infezione in infanti di eta’ inferiore ai 18 mesi: questo e’ un altro grande traguardo, considerando che per il passato non era tecnicamente possibile iniziare una TARV per un bambino prima dell’ anno e mezzo. La PCR viene normalmente eseguita sei settimane dopo la nascita, e ripetuta al compimento del diciottesimo mese.
Altro importante campo d’azione e’ quello della prevenzione della trasmissione materno infantile del virus. A tutte le donne incinte che afferiscono alla nostra clinica pre-natale, viene offerto il counseling e la possibilita’ del test gratuito. Le donne che risultano positive vengono poi messe in TARV secondo protocolli precisi che ci sono stati forniti dal ministero della sanita’ del Kenya. Anche al neonato viene poi prescritta una terapia preventiva da continuare fino alla esecuzione della prima PCR, o fin dopo la cessazione dell’allattamento al seno. Normalmente proponiamo il cesareo elettivo a queste gravide, ma non forziamo la mano: se per varie ragioni preferiscono il parto naturale (anche se questa via e’ gravata da un maggior rischio di trasmissione al nascituro), noi le rispettiamo e le assecondiamo, offrendo poi comunque la terapia ed il follow up al neonato.
I bimbi entrano poi nel nostro programma di MCH (mother/child health): ricevono tutte le vaccinazioni prescritte dalle linee guida nazionali. Si fa un follow up del peso corporeo. Si incoraggia la mamma ad un esclusivo allattamento al seno per 6 mesi, per poi sospenderlo bruscamente e svezzare il bimbo completamente. Scoraggiamo del tutto l’alimentazione mista (un po’ di allattamento e qualche frutto o cibo diverso) perche’, secondo dati OMS, cio’ incrementa il rischio di trasmissione attraverso il latte materno. Non proponiamo il latte in polvere, sia perche’ costoso, sia perche’ molte volte le madri hanno problemi a seguire adeguatamente le diluizioni necessarie, sia anche per la difficolta’ che in certe regioni hanno a bollire l’acqua da usare.
Dalla meta’ del 2007 abbiamo anche iniziato il “comprehensive management” per TBC e HIV: seguendo i protocolli nazionali, che tengono conto dell’altissima frequenza di coinfezione con le due patologie, si offre il test e possibilmente la TARV a tutti i nostri clienti in follow up per la TBC.
Ancora ricoveriamo pazienti in stadio terminale di AIDS, ma il loro numero e’ decisamente ridotto, in quanto, con l’uso adeguato e puntuale della TARV, riusciamo a offrire lunghi anni di benessere anche a persone che erano per il passato molto gravi.
Inoltre la prevenzione materno infantile avra’ certamente un grandissimo impatto di cui saremo completamente coscienti solo tra qualche anno.
Nel campo della prevenzione continuiamo a renderci disponibili per seminari nelle scuole o nei gruppi giovani; inoltre abbiamo organizzato alcuni incontri per i leaders delle varie chiese, con la consapevolezza che poi loro avrebbero diffuso le conoscenze apprese nelle loro “ small christian communities”.
Proponiamo poi la circoncisione maschile in ospedale, sia per offrire ai giovani che vi si sottopongono, tutti i requisiti di sterilita’ e analgesia che la pratica richiede, sia perche’, durante i 5 giorni di ricovero, possiamo organizzare conferenze quotidiane in cui parliamo di prevenzione HIV, di comportamenti adeguati a evitare l’infezione, di “behaviour change”, e di fedelta’ nella vita coniugale.
Nel caso sfortunato di incidente lavorativo con ago infetto o con qualche altra sostanza biologica da paziente positivo, abbiamo in stock dei kit per la “profilassi post esposizione”, che normalmente dura 28 giorni. Negli ultimi anni abbiamo anche cercato di migliorare i nostri standard di sicurezza in ospedale, predisponendo sistemi separati di raccolta dei rifiuti taglienti, offrendo sempre tutte le barriere fisiche di protezione per il nostro staff (per esempio occhiali, grembiuli impermeabili, guanti e mascherine).
Abbiamo anche un gruppo di auto-aiuto per le persone che vivono con infezione HIV: questo gruppo prima di tutto incoraggia i pazienti a vivere positivamente, a superare la stigmatizzazione, ed a uscire allo scoperto, dichiarando senza paura il loro siero-stato. Nel gruppo si organizzano poi raccolte fondi e varie forme di sostegno economico ai membri piu’ vulnerabili. Normalmente i membri si ritrovano una volta al mese presso i locali dell’ospedale.
La guerra all’ AIDS non e’ certo vinta, ma l’impegno dell’ OMS, del governo del Kenya, e di vari donatori che ci sostengono, ci hanno consentito di vivere il 1 dicembre 2010 con sentimenti di ottimismo e speranza.

Fr Beppe Gaido

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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