Per i volontari che sono stati nel distretto di Isiolo, e’ facile immaginare un’area poverissima, con villaggi di “manyatte” e capanne di fango e paglia. Piu’ si va verso Nord e piu’ la gente e’ povera, nomade, illetterata e poco vestita.
Per un’ironia della natura queste popolazioni non solo sono poverissime e prive di istruzione, ma devono strappare la vita ad una natura inospitale, desertica e dal clima inclemente.
Sempre piu’ poi le stagioni stanno cambiando, ed il Settentrione del Kenya si sta sempre piu’ desertificando: piogge sempre piu’ scarse; periodi di siccita’ sempre piu’ lunghi, pascoli sempre piu’ difficili da trovare; lo spettro della fame sempre accovacciato dietro la porta.
Eppure, se ti aggiri nei dintorni di Isiolo (i villagi della parrocchia di Camp Garba non ne sono che un esempio), vedi nuvole di bambini... anch’essi semivestiti, come i loro genitori; anch’essi decorati da decine di collane a perline attorno al collo e lunghi pendagli alle orecchie; anch’essi impolverati e bellissimi.
Gia’, quanti bambini!
Da anni l’Organizzazione Mondiale della Sanita’ cerca di insegnare alle popolazioni povere a ridurre il numero dei figli (anche la Chiesa accetta quello che viene chiamato il “natural family planning”, che non fa uso di sostanze chimiche per la regolamentazione delle nascite).
Si riconosce infatti che piu’ le gravidanze sono ravvicinate, e piu’ i neonati sono deboli, gracili ed esposti a varie malattie. Ci sono poi considerazioni di ordine economico: avere molti figli in un contesto povero significhera’ non avere soldi per mandarli a scuola... e a volte neppure per comprare le medicine od il cibo.
Ma tutte queste argomentazioni non attecchiscono con le popolazioni rurali dell’Isiolo e del Nord in genere.
Le donne sono convinte che la Divinita’ (sia essa il Dio Cristiano, o Allah degli Islamici, o gli spiriti degli Animisti) abbia posto un certo numero di bambini nel loro ventre, e che sia dovere della moglie “tirarli fuori tutti” ed offrirli al marito. Perche’ tenersi dentro dei bimbi non nati? Il ventre della donna deve produrre bambini finche’ sara’ completamente vuoto.
Regolamentazione delle nascite, aspettare un po’ di anni tra una gravidanza e la seguente, sono concetti alieni per la loro cultura... una imposizione occidentale, esse dicono.
I bambini per loro sono il futuro; sono il bastone della vecchiaia nella cultura del clan.
Girando per le terre aride del Nord, e vedendo le manyatte in cui vive la popolazione (normalmente molto distanti l’una dall’altra) ci si rende conto anche che molti figli vuol dire anche protezione per le donne, soprattutto quando i mariti sono assenti per il pascolo. Tale fatto in parte giustifica pure il desiderio esasperato di partorire dei maschi, che un domani potranno usare un arco per difendere la casa dai banditi. Che poi tanti figli significhi non poterli mandare all’Universita’, non credo costituisca un grosso problema nella loro cultura nomade... perche’ quasi nessuno va a scuola in quelle tribu’.
E poi e’ gente soda, abituata al deserto ed alla fame, per cui immagino che nessuna donna vorrebbe tenersi in grembo un bambino-non-nato per la paura che poi non ci sia abbastanza da mangiare. “I figli vanno tirati fuori tutti, finche’ il ‘ventre’ e’ completamente vuoto”, dicono le donne, senza mai fissarti negli occhi.
E siccome noi siamo qui per loro, non li giudichiamo e rispettiamo il loro modo di pensare.
Quando poi si pensa all’altissima mortalita’ infantile, ci si rende conto che a volte le famiglie tentano di generare almeno una decina di figli, nella speranza che due o tre possano raggiungere la maggiore eta’.
Tra l’altro, mi si consenta un pensiero del tutto personale: vedendo la nostra societa’ occidentale che invecchia sempre di piu’ ed ha crescita zero perche’ non si fanno figli, non so proprio dire se sia nel giusto il mondo cosiddetto sviluppato, o magari non abbiano ragione le tribu’ illetterate dei villaggi piu’ dispersi nelle steppe dell’Isiolo.
Nessun commento:
Posta un commento