martedì 18 gennaio 2011

Il nostro protocollo in caso di tentato suicidio con ingestione di organofosforici

I suicidi, tentati o riusciti, sono molto piu’ frequenti in Africa di quanto un’analisi superficiale possa far credere.
Nell’area attorno a Chaaria il metodo piu’ comune e’ l’ingestione di pesticidi.
Questo e’ principalmente dovuto al bassissimo prezzo di queste sostanze che sono distribuite piu’ o meno gratuitamente da una multinazionale che incoraggia le piantagioni di tabacco.
Il tossico piu’ comunemente usato a scopi anticonservativi e’ il Paraquat (Gramoxone), ma anche il veleno per i topi od il “coffee spray” sono talvolta impiegati.
In genere questi veleni hanno attivita’ inibitrice delle colinesterasi, e causano dunque una tossicita’ colinergica: miosi serrata delle pupille, bradicardia, salivazione eccessiva, aumento delle secrezioni polmonari e broncospasmo, crampi muscolari, convulsioni parziali o generalizzate, depressione a livello del sistema nervoso centrale, dolori addominali e vomito.
Il primo momento della nostra azione terapeutica potrebbe essere chiamato della decontaminazione, per prevenire ulteriore assorbimento del veleno. Togliamo dunque i vestiti imbrattati dalla sostanza. Laviamo la cute con acqua e sapone: ulteriore assorbimento e’ infatti possibile sia per via inalatoria che per via transcutanea.
Poi procediamo ad una abbondante lavanda gastrica con sondino nasogastrico, al fine di rimuovere dallo stomaco il tossico non ancora assorbito.
Dopo la lavanda, usando lo stesso sondino, spingiamo in stomaco 20 compresse di carbone attivato, precedentemente schiacciate e ridotte in polvere. Il carbone ha una azione chelante sugli organofosforici, e dovrebbe impedire l’assorbimento di sostanze tossiche da noi non rimosse con la lavanda gastrica.
Diamo poi dell’atropina ad intervallli di 30 minuti, e seguendo l’andamento delle pupille e della frequenza: puntiamo ad una frequenza cardiaca di 100-120 al minuto ed alla midriasi pupillare. Continuiamo con l’atropina per 24-48 ore.
Controlliamo le convulsioni con fenobarbitone.
Diamo inoltre lasix per stimolare l’eliminazione di tossico gia’ eventualmente assorbito e per proteggere la funzionalita’ renale. Infondiamo inoltre abbondanti quantita’ di fluidi endovenosi, per incrementare la diuresi e la clearanche del veleno.
Con lo stesso fine, quando il paziente toglie il sondino nasogastrico ed inizia ad assumere liquidi, somministriamo anche dei lassativi per aumentare la velocita’ di transito e prevenire eventuale nuovo assorbimento di sostanza.
Sempre “copriamo” il paziente con ranitidina in vena, come protezione gastrica. In genere i tossici creano delle terribili esofagiti  e gastriti alcaline, che a volte poi culminano con emorragie dovute alla caduta dell’escara, o con stenosi serrate a distanza di mesi.
Il Paraquat o Gramoxone e’ il veleno piu’ terribile a disposizione della nostra gente. E’ letale a dosi inferiori ai 10 ml. Non possediamo alcun antidoto, per cui la decontaminazione e’ veramente importante, soprattutto se fatta rapidamente. E’ tossicissimo anche al contatto con la pelle, dove provoca delle dolorosissime flittene.
E’ capace di causare il collasso di molti sistemi importanti per la vita (multiorgan failure): insufficienza epatica, renale, cardiaca.
Il danno cardiaco e’ tipicamente tardivo (terza-settima giornata), ed uccide il paziente con aritmie severe (tachicardia e fibrillazione ventricolare), magari quando tutti speravano che il peggio fosse passato. L’insufficienza renale si manifesta ancor piu’ tardivamente.

Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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