domenica 23 gennaio 2011

Le urgenze inopportune

Ieri una certa eccitazione era chiaramente percepibile nell’ aria. L’arrivo del Padre Generale Don Aldo, con Don Franco e di Suor Francesca ed altre Sorelle in Ospedale, la preparazione della cerimonia di posa della prima pietra della nuova Sala Operatoria facevano correre tutti piu’ velocemente. Inoltre, anche per la concomitanza con il compleanno di Fr.Beppe e l’arrivo di sua madre, noi volontari eravamo stati invitati a cenare tutti assieme.
Nel primo pomeriggio (Anto)Nietta mi chiama dicendomi che una paziente appena ricoverata le sembrava preoccupante: la giovane donna presentava segni evidenti di peritonite in atto. Avverto Fr. Beppe e facciamo il punto della situazione: Jesse non e’ reperibile, Antonio e’ fuori dall’ospedale, I colleghi chirurghi Alessandra, Luciano e Rinaldo sono in viaggio per Isiolo. In assenza di Jesse, Beppe dovrebbe eseguire l’anestesia e seguire la Paziente, quindi dovrei operare da solo una patologia poco chiara. La malata non e’ trasportabile ad altro Ospedale, ogni scossone sull’ambulanza sarebbe una pugnalata dolorosissima. Chiamiamo al telefono gli amici in viaggio: sono fermi con il matatu in panne. La nostra tensione cresce…poi nuova telefonata: il matatu e’ stato riparato. Cosi’ dopo aver passato un pomeriggio in macchina, senza raggiungere la meta, I nostri eroi vengono in soccorso. Finalmente possiamo portare la donna in Sala Operatoria. Beppe pratica l’anestesia spinale e la sedazione ulteriore per darci agio di operare ed iniziamo: una brutta appendicite acuta con peritonite in atto, terminiamo pero’senza problemi l’intervento; un ringraziamento ad (Anto)Nietta che si e’ accorta subito della gravita’ del caso e ci precipitiamo, dopo una fulminea doccia, in Sala da pranzo. Eravamo chiaramente ormai in netto ritardo, gli ospiti ed i commensali stavano gia’ cenando. Be’ pensiamo, anche se non e’ stata per nulla colpa nostra, domani, Domenica saremo piu’ puntuali.
Oggi tutti pronti per la Messa e la cerimonia. Arrivo in Ospedale e mi dicono che c’e’ un parto cesareo in corso: meno male finira’ prima delle nove. Un’infermiera mi chiama : Max guarda quella donna: e’ una vecchina magra magra operata otto giorni fa, ma la ferita della pelle ha ceduto e quello che deve stare nella pancia voleva venire fuori. Dobbiamo operarla al piu’ presto. L’Infermiera del padiglione maschile chiama anch’essa: Max guarda quel ragazzo. Da una piaga del fianco sporgeva la testa del femore lussata. Avverto Luciano, il chirurgo ortopedico Dobbiamo operarlo al piu’ presto. Beppe ci prega di fare il possible per dilazionare I due interventi, almeno dopo la S.Messa e la benedizione della prima pietra della nuova Sala Operatoria. Va bene, concordiamo di aspettare il tempo necessario.  Mi avvicina, nel frattempo, un giovane coscienzioso Clinical Officer della Pediatria  che mi chiede di visitare un bimbo di dieci mesi con un addome molto disteso: non e’ un caso chirurgico, ma sta veramente male, freddo, disidratato, sofferente: lo riguardiamo con Beppe impostando un tentativo di terapia, anche senza molte speranze; la mamma assiste al nostro andare e venire con viso di pietra e lacrimoni  a gogo’. In mezzo a tutto questo riesco ad ascoltare spezzoni di messa, con i canti delle Infermiere dell’Ospedale che, tutte vestite di bianco, esprimono tutta la loro vitalita’ ed allegria: si sono preparate tutti i pomeriggi di questa settimana, per fare onore alla giornata. Terminate le cerimonie, ascoltati  i discorsi di rito, siamo andati in Sala per le nostre urgenze. Peccato che fosse intanto arrivato un Parto Cesareo urgente da fare. Beppe pratica la spinale, Rinaldo ed Alessandra operano. Rapida pulizia. Sala libera! Entriamo con la vecchina: anestesia difficile da fare, l’ago non ne vuole sapere di entrare, poi..la Provvidenza. Antonio resta a controllare la malata, Alessandra ed io rimettiamo a posto la ferita.
Nel frattempo Beppe fa un raschiamento per un aborto incompleto, si incannula la vena giugulare del bimbo sofferente e Luciano e Rinaldo riducono la lussazione di femore del giovanotto e lo mettono in trazione.
Ormai sono le tre. Ci cambiamo ed andiamo in sala da pranzo. Ovviamente non c’e’ piu’ nessuno, la quantita’ di cibo rimasta e’ abbondantissima mangiamo serenamente con appettito. Forse nel pomeriggio ci sara’ un’altro parto Cesareo: aspettiamo notizie da Beppe.
Cosi’, al pranzo di oggi non eravamo in ritardo, non c’eravamo proprio, ma non ci dispiace per nulla di cio’; abbiamo fatto cose utili alla gente ed in fondo siamo venuti per questo, aiutare la gente ed aiutare Beppe ad aiutare la gente. Le urgenze a Chaaria sono la normalita’, non l’eccezione perche’ spesso i malati vengono in Ospedale quando non ce la fanno piu’o quando trovano chi li porti. Quasi ogni giorno il programma operatorio viene sconvolto dall’arrivo delle urgenze, a volte vere e proprie emergenze, quando anche pochi minuti fanno la differenza.
Noi sappiamo cosa fare in questi casi: arrivare tardi a pranzo.

Max Albano

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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