giovedì 10 febbraio 2011

Ancora sulla malaria

Stiamo ricevendo indicazioni dagli organi governativi del Kenya riguardo ad un nuovo protocollo per la cura della malaria non complicata.
Tale cambiamento e’ stato motivato da studi epidemiologici di resistenza del parassita, e da dati riguardanti l’aderenza alla terapia da parte dei malati.
Il protocollo in uso fino ad oggi per la malaria non complicata prevedeva l’uso di COARTEM (artemether e lumefantrina), come farmaco di prima linea.
In caso di fallimento del farmaco e di positivizzazione del test entro 7 giorni, le linee guida prevedevano il ricorso al CHININO ORALE come farmaco di seconda linea.
Le nuove linee guida consigliano invece che il COARTEM rimanga il farmaco di prima linea. In caso di fallimento e positivizzazione del test entro i primi 7 giorni, si dovra’ usare il DUO-COTECXIN (diidroartemisina e piperaquina solfato).
Il CHININO ORALE mantiene il suo posto nelle linee guida nazionali come farmaco di terza linea per la malaria non complicata.
Esso rimane anche l’unico farmaco indicato per la malaria in gravidanza durante il primo trimestre.
Il CHININO ENDOVENA resta nella sua posizione di farmaco di prima linea per la malaria complicata.
I farmaci di associazione basati su un derivato artemisinico hanno una elevata azione contro il plasmodio, un’altissima velocita’ di azione, e pochissimi effetti collaterali. I giorni di terapia richiesti sono soltanto 3, ed il numero di compresse relativamente basso.
Il chinino prevede invece terapie di 7-14 giorni; va assunto tre volte al giorno ad una dose di tre compresse per volta, ed ha un numero di effetti collaterali spiacevoli che contribuiscono grandemente alla poca aderenza dei pazienti agli schemi terapeutici proposti.
Quest’ultimo fatto e’ certamente un elemento che contribuisce alla selezione di ceppi parassitari resistenti.

Fr Beppe Gaido

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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