mercoledì 9 febbraio 2011

Roll black malaria

Si tratta di uno dei progetti di respiro globale portati avanti dall’Organizzazione Mondiale della Sanita’, un progetto che ha come ideale quello di eradicare la malaria prima dell’anno 2015.
Siamo da anni parte di questa avventura che e’ in parte medico-curativa, in parte epidemiologico-preventiva, ed in parte formativa. E’ sicuramente pure un’ avventura di tipo ideologico, in cui siamo chiamati a credere che ce la possiamo fare... anche se i risultati preliminari non sembrano indicare che ce la faremo.
Ad eradicare forse non ce la faremo, almeno per il 2015... ma sicuramente avremo ridotto di molto l’incidenza e la mortalita’ di questa malattia.
Piu’ volte ho segnalato sul blog il nostro lavoro di distribuzione gratuita delle zanzariere impregnate con piretro a tutte le mamme con un bambino di meno di 5 anni di eta’.
Da anni poi siamo anche coinvolti nell’ IPT (intermittent preventive treatment) che ha come target le donne gravide: in pratica si tratta di una dose di FANSIDAR all’inizio del secondo ed all’inizio del terzo trimestre, per ridurre la colonizzazione placentare da parte del plasmodium. Tale IPT ha come scopo quello di ridurre l’incidenza di anemizzazione materna, di aborti, di nati sotto peso e di morti intrauterine.
Siamo inoltre stati in prima linea nella cura della malaria sia complicata che non complicata.
Abbiamo sempre avuto un grosso problema nel trattare quei casi che clinicamente appaiono malarici (febbre, tremori, vomito, diarrea, convulsioni, coma, ecc), ma che dimostrano una “goccia spessa” negativa.
I miei Professori alla London School of Hygiene and Tropical Medicine ci insegnavano che un esame microscopico negativo per Plasmodium Falciparum, unito ad una sintomatologia suggestiva per malaria, non ci autorizza a negare la terapia ad un paziente potenzialmente a rischio di morte.
Essi sostenevano (e la mia esperienza da’ loro ragione ampiamente) che il Falciparum rimane in circolo per pochissime ore... mentre la grossa massa parasssitaria e’ per lo piu’ confinata al sistema reticolo endoteliale ed agli organi profondi.
Per cui e’ del tutto possibile che una persona muoia di malaria con una goccia spessa negativa. Questo poi capita spessissimo nei casi cosiddetti di “malaria algida”, dove manca la febbre: si sa infatti che la massima percentuale di esami microscopici positivi si trova durante la puntata febbrile che corrisponde alla lisi dei globuli rossi durante il ciclo vitale dei parassiti.
Abbiamo quindi spesso abbondato nelle nostre prescrizioni di farmaci antimalarici, per paura di “perdere| una persona avente si’ i sintomi, ma non un test positivo.
Ora pare che questa situazione un po’ stressante per il clinico, possa essere superata entro la fine del 2011... almeno lo speriamo!
Abbiamo infatti avuto comunicazione che anche a Chaaria arriveranno i test IFAT (immuno-florescence-test-assay), che, tramite il semplice prelievo di una goccia di sangue da un dito, potra’ darci indicazioni sulla presenza di Immunoglobuline antimalariche IgM o IgG.
Per chi non e’ addetto ai lavori, questo significa la possibilita’ di distinguere se ci sono dei parassiti recentemente entrati nell’organismo contro i quali il sistema immunitario sta lottando (pur non riuscendo a dimostrare il parassita stesso in circolo)... significa anche essere in grado di differenziare una infezione recente ad una pregressa contro la quale l’organismo ha sviluppato anticorpi.
Speriamo che vramente gli IFAT ci vengano donati, perche’ saranno un altro strumento importante nel perseguimento del “sogno” di un mondo senza malaria.

Fr Beppe Gaido





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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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