martedì 29 marzo 2011

David è stato sepolto

Oggi c'e' stato il funerale di David Mbaabu.
Molte suore ed alcuni Fratelli lo hanno accompagnato nell'ultimo viaggio verso la "Casa del Padre".
E' stato un funerale intenso e reso solenne dalla presenza di una grande folla... ma non si sono versate molte lacrime... forse perche' il lungo Calvario di David aveva preparato la famiglia a questo momento ineluttabile.
Abbiamo cercato di condividere il dolore della nostra Sr Cecilia e dei suoi molti fratelli e sorelle.
Siamo stati vicini al papa' ed alla mamma di David...
Ma la persona che anche oggi mi ha colpito di piu' e mi ha edificato nuovamente nella sua forza stoica e' stata Purity, la moglie di David.
Aveva addirittura la forza di ringraziare tutti per la vicinanza e per l'affetto; non ha versato una lacrima, anche se i suoi occhi erano di color rosso fuoco.
I bambini di David invece erano ignari, e giocavano qua e la', senza rendersi conto di chi ci fosse in quella strana cosa a forma di parallelepipedo che veniva calata nella terra.
Una prima parte della nostra missione e' stata compiuta: abbiamo assicurato a David tutte le cure che umanamente era possibile offrirgli qui in Africa.
Ora ci rimane ancora la seconda parte: quella di aiutare Purity a terminare la scuola alberghiera, in modo che possa trovare un lavoro, mantenere i suoi figli... e, speriamo, rifarsi una vita.
David aveva 32 anni, e so che Purity e' piu' giovani di lui.
Prego tanto il Signore che le conceda di ritrovare un po' della felicita' che certamente si merita.
Se qualche buon Samaritano ancora volesse offrire il suo obolo per la scuola di Purity, puo' scrivere o al sottoscritto o a Fr Giancarlo. Ringraziamo tutti anticipatamente.

Fr Beppe Gaido


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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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