mercoledì 9 marzo 2011

Mercoledì delle ceneri

Anche a Chaaria oggi iniziamo il tempo di impegno e di conversione della Quaresima.
Lo abbiamo fatto alle 8 di stamattina con una sentita celebrazione eucaristica in cui Religiosi, personale dipendente e pazienti dell’ospedale hanno ricevuto il segno delle ceneri sulla fronte.
I Buoni Figli invece hanno avuto la loro Messa questa sera alle ore 17 nel Centro.

“Ricordati che sei cenere ed in cenere ritornerai”, ci ha annunciato nuovamente il Sacerdote, mentre ci imponeva il mesto segno quaresimale: onestamente non e’ cosi’ difficile ricordarcene, in un contesto di vita come quello di Chaaria, in cui la morte ci fa visita tutti i momenti e non risarmia alcuna fascia di eta’. Vediamo ogni giorno neonati, giovani, adulti ed anziani “ritornare polvere”. Anche ieri sera Fr Giancarlo ha riempito l’ambulanza di tanti corpicini di bimbi ed alcuni cadaveri di adulti: tutti ora sono nella fossa comune dell’ospedale, e stanno ritornando cenere... dopo essere stati anche abbandonati in ospedale dalle loro famiglie.
L’altra frase usata dal nostro parroco all’imposizione delle ceneri e’ stata:
convertitevi e credete al Vangelo”. E’ un grande impegno che dovrebbe essere il nostro sforzo principale di tutta la vita, ma che in questi quaranta giorni possiamo rinforzare e rinvigorire.
Convertirci, secondo l’etimologia greca, significa “cambiare strada”, “fare una inversione ad U”. Implica quindi la presa di coscienza che sovente le nostre strade non sono quelle che il Signore desidera da noi: abbiamo dimenticato i suoi comandamenti ed abbiamo imboccato sentieri pericolosi che rischiano di portarci molto lontano da Lui. La quaresima e’ il tempo propizio per una profonda meditazione su “dove stiamo andando”; e per qualche decisione seria di “invertire la rotta”.
E poi siamo invitati a “credere al Vangelo”: non e’ una cosa scontata ne’ tantomeno facile, soprattutto se pensiamo alle parole di Gesu’ che ci ricorda: “non chi dice: Signore, Signore, entrera’ nel Regno dei Cieli, ma chi fa la volonta’ del Padre mio”. Credere quindi non e’ un atto intellettuale, ma uno sforzo quotidiano di vita: se ci credo, devo sforzarmi di vivere secondo quanto il Vangelo mi insegna e mi richiede.
Anche “credere al Vengelo” e’ quindi un “cambiare strada”: e’ un impegno a cessare di essere solo “teoricamente” credenti, per divenire “discepoli”, cioe’ persone che seguono ed imitano il Cristo.
Ognuno di noi poi sapra’ quali sono i sentieri sbagliati intrapresi, e sara’ quindi in grado di fare le sue inversioni di marcia.
Il Vangelo che abbiamo ascoltato durante la Messa di oggi potrebbe essere un “manifesto programmatico” per la nostra quaresima. Si tratta di Mt 6,1-6.16-18)
Siamo richiamati prima di tutto ad una conversione interiore che ci tenga lontano dalla tentazione della vanagloria e dell’ipocrisia: non dobbiamo essere come i Farisei che amano compiere le loro opere buone davanti agli uomini, per essere da loro ammirati... dobbiamo invece “cambiare vita” in segreto, nell’intimo della nostra stanza, in una dimensione cosi’ personale che “neppure la nostra sinistra sappia quello che fa la destra”. Solo cosi’ avremo la nostra ricompensa nei Cieli.
Lo stesso Vangelo poi ci indica tre ambiti a cui dedicare il nostro impegno durante questi quaranta giorni:
1)    Digiunare in segreto, senza che gli altri se ne accorgano. Non necessariamente cio’ significa “non mangiare”: ci sono tanti tipi di digiuno. Naturalmente si puo’ rinunciare a qualche cosa dalle nostre tavole sempre troppo ricche; si puo’ evitare lo spreco; si puo’ rinunciare ad un bicchiere di vino, al un alcoolico, ad un dolce o ad una sigaretta. Ma c’e’ anche il digiuno della lingua (quando vorrei parlare male di qualcuno, mi astengo. Quando vengo invitato dal gruppo a chiacchiere inutili o malevole, mi tengo da parte). C’e’ poi il digiuno dei pensieri (sforzarmi di pensare bene degli altri; non indulgere in pensieri di vendetta o di ripicca...). C’e’ anche il digiuno degli occhi, e potremmo qui riferirci a tante immagini inutili e spesso “immorali” proposteci soprattutto dai mass-media, immagini che, con un po’ di buona volonta’, riusciremmo a non guardare.
2)    Pregare in segreto, senza farci vedere, senza sbandierare la nostra spiritualita’ agli altri. Un mio amico diceva sempre che bisogna guardarsi da quelle persone che girano sempre con il collo storto e con la Bibbia sotto braccio... e pare che il Vangelo di oggi gli dia ragione: chi fa lunghe preghiere, sperando di essere ammirato dagli uomini, “ha gia’ ricevuto la sua ricompensa”.
3)    La carita’ espletata senza ostentazione, in modo che “non sappia la destra quello che fa la sinistra”. Carita’ che puo’ essere “elemosina” nel senso migliore del termine (cioe’ donare del denaro agli altri, come ha fatto la povera vedova del Vangelo che ha dato l’unico obolo che aveva per vivere), oppure donazione del proprio tempo, delle proprie energie e delle proprie competenze.

Ecco la “magnacarta” per la nostra Quaresima, a cui aggiungiamo un altro elemento molto importante dedotto dalla Messa di oggi: la nostra deve essere una Quaresima di fraternita’. Quello a cui rinunciamo con i nostri piccoli sacrifici deve andare a beneficio di chi e’ piu’ povero.
Cito a questo proposito una preghiera dal Messale:
“Signore, aiutaci a togliere qualcosa dalla nostra mensa, per soccorrere coloro che sono in necessita’”.
E’ a mio parere la seconda parte della preghiera a dare un senso alla prima. Il digiuno per il digiuno non ha significato e potrebbe anche essere una forma di superbia (io sono piu’ bravo degli altri!). Il digiuno acquista valore quando diventa solidarieta’ e carita’.
Ce la faremo? Non lo so!
Ma ci proveremo con perseveranza fin dal primo giorno di questo cammino quaresimale.

Fr Beppe Gaido

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Chaaria è un sogno da realizzare giorno per giorno.

Un luogo in cui vorrei che tutti i poveri e gli ammalati venissero accolti e curati.

Vorrei poter fare di più per questa gente, che non ha nulla e soffre per malattie facilmente curabili, se solo ci fossero i mezzi.

Vorrei smetterla di dire “vai altrove, perché non possiamo curarti”.

Anche perché andare altrove, qui, vuol dire aggiungere altra fatica, altro sudore, altro dolore, per uomini, donne e bambini che hanno già camminato per giorni interi.

E poi, andare dove?

Gli ospedali pubblici hanno poche medicine, quelli privati sono troppo costosi.

Ecco perché penso, ostinatamente, che il nostro ospedale sia un segno di speranza per questa gente. Non ci sarà tutto, ma facciamo il possibile. Anzi, l’impossibile.

Quello che mi muove, che ci muove, è la carità verso l’altro, verso tutti. Nessuno escluso.

Gesù ci ha detto di essere presenti nel più piccolo e nel più diseredato.

Questo è quello che facciamo, ogni giorno.


Fratel Beppe Gaido


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